Lavoro, in primi 3 mesi quasi 900 mila occupati in meno. Sud più colpito

Quasi 900 mila occupati in meno in Italia. E' il bilancio del primo trimestre, ancora impattato dagli effetti della pandemia, indicato da Istat.

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

MILANO – Quasi 900 mila occupati in meno in Italia. E’ il bilancio del primo trimestre, ancora impattato dagli effetti della pandemia, indicato da Istat. Il saldo per i primi tre mesi del 2021 è di 889.000 occupati in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, per un calo totale del 3,9%.

Nel confronto con il trimestre precedente, invece, il numero di occupati diminuisce di 243 mila unità (-1,1%) a seguito del calo dei dipendenti a tempo indeterminato (-1,1%) e degli indipendenti (-2%). Flessioni non compensate dalla lieve crescita dei dipendenti a termine (+0,6%).

Torna a aumentare in contemporanea il numero di disoccupati: sono 240 mila in più, il 10% rispetto al primo trimestre tra chi ha già avuto esperienze di lavoro. Prosegue, seppur a ritmi meno intensi rispetto ai tre trimestri precedenti, la crescita degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+501 mila, +3,7% in un anno). La disoccupazione raggiunge così il 10,4% con un aumento di 0,5 punti rispetto al quarto trimestre.

E a questo proposito il repporto Svimez-Enbic fotografa una situazione differente a seconda delle diverse classi d’età e aree geografiche. In particolare i giovani under 35 che non studiano e non lavorano (Neet) nella media del 2020 sono saliti al 36,1% nel Mezzogiorno dal 35,8% nel 2019, ed al 18,6% nel Centro-Nord rispetto al 16,6% nel 2019. Secondo il report tra il 2008 e il 2020 flette l’occupazione in tutte le regioni del Mezzogiorno con picchi elevati in Calabria (-10,4%) e Sicilia (-8.9%) e relativamente bassi intorno al 3% in Campania e Basilicata. Dinamiche positive caratterizzano Toscana (+1,4%), Emilia Romagna (+2,1%), Lombardia (+3,1%) e, soprattutto, Trentino Alto Adige (+6,8%) e Lazio (+7,2%).

Il tasso di disoccupazione corretto è dunque pari al 25,4% nel Mezzogiorno dal 24,1% nel 2019, e del 13,4% nel Centro-Nord rispetto all’8,8% nel 2019. Con salari stagnanti e ore di lavoro che scendono non sorprende che il numero di persone che, pur lavorando, sono comunque povere, potendo contare su un reddito inferiore al 60% di quello medio, sia nettamente aumentato: i poveri tra gli occupati in Italia erano l’8,9% nel 2004, sono saliti al 12,2% nel 2017 e 2018 e al 13% nel 2020.

Lo shock da Covid ha avuto effetti estremamente significativi su una struttura del mercato del lavoro già segnata da criticità e debolezze. Resta da capire quali saranno le concrete conseguenze della fine del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione Covid.

LaPresse

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