La chiusura non è esplicita, ma sta nelle parole e nei fatti. Giuseppe Conte archivia in un colpo solo l’alleanza con il Pd e il campo largo in vista delle prossime elezioni regionali nel Lazio e, verosimilmente, anche in Lombardia. Il leader del M5S ribadisce il ‘no’ all’inceneritore di Roma e bolla come “difficile” il dialogo con gli attuali vertici dei dem, che dal canto loro lo definiscono “ossessionato dal Pd” e lo accusano di agevolare la vittoria della destra.
Nella sede del Movimento in via di Campo Marzio, Conte sembra aprire a un’alleanza lanciando una “proposta a tutte le forze politiche e sociali per un agenda realmente progressista”. Ma di fatto detta condizioni irricevibili per gli eventuali alleati. Primo fra tutti: “In materia ambientale e di smaltimento di rifiuti un progetto per la Regione Lazio non potrà ma basarsi su un inceneritore come quello progettato per la capitale”, proposto dal sindaco dem Roberto Gualtieri. Non disconosce “gli ottimi risultati dell’amministrazione uscente a cui il M5S ha contribuito” ma “questo territorio ha bisogno di un programma radicalmente progressista”.
Di cui l’ex premier individua altri due capisaldi: “Rompere il connubio perverso tra politica e sanità”, mettendo fine alla “discrezionalità nell’individuazione delle direzioni sanitarie”; e impegnarsi “per la mobilità sostenibile”, a partire dall’esigenza di “cestinare il progetto di un’autostrada a pedaggio Roma-Latina”, in alternativa alla quale “proporremo una metropolitana leggera di superficie per i pendolari”. “Chi sposa questo progetto è benvenuto purché si comporti con lealtà e correttezza”, afferma Conte, escludendo però “ammucchiate” e “cartelli elettorali”.
Che certamente non possono comprendere il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, perché “la risposta la danno già loro affidandosi alla logica dell’insulto e all’intenzione di distruggere il M5S”. Ma con chi ci sta si potrà scegliere insieme poi “un candidato che sia degno interprete di questo progetto progressista e che ci dia garanzie di realizzarlo”. Ma lo spiraglio è strettissimo, anche perchè il leader dei cinque stelle deve ammettere che – nonostante i richiami del dem Goffredo Bettini a coltivare un’intesa – “con questo vertici Pd abbiamo difficoltà a sederci allo stesso tavolo. Non perché sono antipatici ma perché ci sono ragioni politiche serie”.
Conte le elenca dalla caduta di Draghi alla campagna elettorale, accusando il Nazareno di aver emarginato e messo alla gogna il M5S nel tentativo di dargli il colpo di grazia, candidando anche gli “scissionisti” di Di Maio. La replica arriva da fonti del Nazareno che, interpellate da LaPresse, definiscono il presidente del Movimento “ossessionato dal Pd”, come si evince da “toni e argomenti intrisi di durezza e carichi di rancore e astio”.
L’impressione, sottolineano, “è che semplicemente non voglia cercare convergenze e si appresti a una corsa solitaria. E dunque che preferisca che termini l’esperienza lunga e positiva di governo progressista del Lazio e vinca la destra”. Un esito che “crediamo vada evitato e che si possa ancora evitare”.
Anche per il leader di Art.1 Roberto Speranza Conte sì assume una grande responsabilità. Chi rompe il campo fa un errore grave”. Calenda invece è tranchant, tira in ballo la candidatura annunciata dell’attuale assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, e chiede ai dem: “Possiamo desumere che continuare a perdere tempo con il M5S è inutile almeno nel Lazio? Visto che c’è una persona del Pd di valore già in campo, possiamo chiudere?”.(LaPresse)