CAIVANO – La Corte di Appello di Napoli ha emesso un duro verdetto nei confronti del clan Angelino-Gallo, il gruppo criminale che negli ultimi anni aveva soppiantato il clan Sautto-Ciccarelli. Dopo anni di estorsioni e intimidazioni, dodici membri della cosca sono stati condannati per un totale di 90 anni di carcere. Il processo conferma le accuse della Direzione distrettuale antimafia e rappresenta un colpo significativo per la criminalità organizzata nell’area di Caivano e dintorni.
Nel dettaglio, queste le pene stabilite dal tribunale: Antonio Angelino (alias Tibiuccio) 18 anni; Gaetano Angelino 8 anni; Raffaele Chioccarelli 7 anni e 4 mesi; Massimo Cipolla 6 anni e 8 mesi; Ciro Gallo 3 anni e 5 mesi; Vincenzo Di Paola 14 anni; Michele Leodato 7 anni e 4 mesi; Pasquale Natale 8 anni; Fabio Pagnano 7 anni e 4 mesi; Francesco Pagnano 8 anni e 8 mesi; Fabio Savanelli 7 anni e 4 mesi; Giuseppe Sollami 8 anni e 8 mesi. La Corte ha confermato l’impianto accusatorio della Dda, con una sola significativa riduzione di pena: Ciro Gallo, difeso dall’avvocato Rocco Maria Spina, è stato assolto dall’accusa di associazione mafiosa e condannato solo per detenzione di armi. Le indagini che hanno portato alle condanne risalgono agli anni della pandemia, quando il clan Angelino-Gallo aveva consolidato il proprio potere nel territorio di Caivano.
In quel periodo, la camorra non solo esercitava il controllo con violenza e minacce, ma si presentava anche come “benefattrice” della popolazione, distribuendo spese alimentari alle famiglie in difficoltà. Un’operazione studiata per rafforzare il consenso sociale e garantire omertà. L’operazione è stata condotta dai carabinieri di Castello di Cisterna, che nell’agosto del 2023 hanno arrestato venti persone, accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsioni (consumate e tentate), detenzione e porto di armi da guerra e comuni da sparo, con l’aggravante del metodo mafioso.
Le intercettazioni e le testimonianze raccolte dagli investigatori hanno permesso di ricostruire il giro d’affari e le dinamiche interne del clan, portando alle condanne odierne. Il verdetto rappresenta un’importante vittoria per la giustizia e un segnale chiaro contro la presenza mafiosa sul territorio. Il processo ha messo in luce come il clan avesse costruito un vero e proprio sistema di controllo economico e sociale, basato sulla paura e sulla violenza, ma anche sulla capacità di infiltrarsi nel tessuto civile con iniziative apparentemente “solidali”. Con queste condanne, la magistratura ha ribadito che nessuna forma di potere criminale può rimanere impunita.