Le mani dei Casalesi sull’eolico. Schiavone come Messina Denaro: nei verbali del pentito la nuova frontiera del clan

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Nicola Schiavone, Francesco Schiavone e Mario Natale (non indagato)

CASAL DI PRINCIPE – Mafia ed eolico: due parole che, a legarle, non dovrebbe esserci nulla. E invece da tempo si intrecciano pericolosamente e, accostandole, il pensiero – almeno per chi abitualmente legge le pagine di cronaca – corre subito a Cosa nostra e al boss Matteo Messina Denaro, ’u siccu (morto nel settembre del 2023). Una delle inchieste più complesse condotte dalla Dda di Palermo, che ha provato a ricostruire la rete di imprenditori che proteggeva e arricchiva il mafioso di Castelvetrano (latitante dal 1993 al gennaio di due anni fa), ha tracciato il filo che lo collegava proprio al business dell’energia green. Ma la potenzialità di quell’affare non è sfuggita neppure al clan dei Casalesi. E se oggi lo sappiamo è grazie alla collaborazione con la giustizia di Nicola Schiavone, primogenito del capoclan Francesco Schiavone Sandokan.

Questione di tempo

Nicola Schiavone ha iniziato a parlare con i magistrati della Procura di Napoli nel 2018. Da allora sono trascorsi sette anni: un tempo lungo, in cui ha deciso di vuotare il sacco, di accusarsi e di accusare. Le informazioni fornite sono molte, ma ciascuna richiede riscontri, verifiche, conferme. Procedure complesse, che impongono cautela e pazienza. Nonostante i tanti anni passati e la quantità di elementi da lui messi a disposizione, solo una parte delle sue dichiarazioni ha finora prodotto risultati investigativi visibili. Perché accertare tutto ciò che ha riferito non è semplice. E non è escluso che quanto stiamo per raccontare appartenga proprio a quel filone di rivelazioni che necessitano del giusto tempo per approdare – se mai dovessero trovare riscontro – in un’aula di tribunale.

La Romania

In attesa di capirlo, oggi possiamo iniziare a ricostruire in parte ciò che l’ex boss ha detto ai magistrati su alcuni degli affari finora rimasti in ombra: e tra questi, appunto, c’è l’eolico. Nel gennaio 2019 Schiavone – da poco ‘pentito’ – ha rivelato una vocazione imprenditoriale del clan non ancora pienamente nota. Si tende a pensare, erroneamente, che la capacità di proiezione economica internazionale sia prerogativa del gruppo Zagaria. E invece anche gli Schiavone, racconta il collaboratore, avevano avviato contatti in Romania, proprio come aveva fatto Michele Zagaria. Nicola Schiavone ha sostenuto di essersi recato personalmente, in varie occasioni, nel Paese dell’Est, soprattutto per individuare nuove opportunità informatiche legate al gioco illegale – le piattaforme pirata installate nelle sale scommesse vicine al clan – ma anche per trattare l’affare dell’energia eolica. Ha raccontato ai magistrati di essersi incontrato con i referenti di una società americana.

L’imprenditore del Nord

Quei soggetti, secondo il racconto, sarebbero poi arrivati anche in Italia, sul punto di concludere contratti per le aree del Casertano e
del basso Lazio, dopo aver già siglato accordi nella zona del Salernitano. A introdurlo in questo business (tra il 2007 e il 2010), ha aggiunto, sarebbe stato un imprenditore del Nord Italia, titolare di un’azienda che produceva accessori in acciaio per la nautica.

Le società maltesi

In vista dell’affare, per prepararsi, Schiavone ha ricordato di aver costituito due società offshore a Malta, attraverso un uomo originario di Sora, ma residente sull’isola, al quale affidò 15mila euro per aprirle. Una di queste società – ha rivelato – si chiamava Black Pearl. Il figlio di Sandokan ha poi sostenuto di aver messo tali società a disposizione di Mario Natale (per quanto ci risulta non indagato e da ritenere innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile), imprenditore di Casal di Principe già noto alle cronache. Perché già noto? Nel 2008 era stato coinvolto in un’inchiesta sul clan dei Casalesi, con l’accusa di associazione mafiosa, ma fu assolto.

L’indagine sui terreni

Il suo nome, però, è riemerso recentemente in un’altra vicenda: quella dei terreni di Selvalonga, località di Grazzanise (a pochi passi
dall’aeroporto militare), al confine con Casal di Principe, acquistati da Sandokan – sostiene la Dda – negli anni Novanta e formalmente intestati a terzi. Qualche anno fa Ivanhoe Schiavone, unico dei figli maschi del capoclan che era rimasto libero (adesso anche lui è in carcere), ha deciso di venderli per fare cassa. La società acquirente, per circa 300mila euro, afferma l’Antimafia, è riconducibile proprio a Mario Natale.

Nel 2021, i 13 ettari – ha ricostruito la Procura con l’indagine dei carabinieri di Caserta – sono stati comprati dalla società San Luca, collegata a Mario Natale, che poi ne cambiò il nome. I soci di questa azienda sono i suoi due figli, Enrico Maria (oggi assessore comunale a Casal di Principe) e Gianluca Natale. Naturalmente, a vender- li non è stato direttamente Sandokan, ma Pasquale Corvino, oggi accusato di
riciclaggio e ritenuto dalla Dda la ‘testa di legno’ degli Schiavone (in relazione ai 13 ettari). Quelle stesse aree, contestualmente al blitz di agosto che ha portato in carcere Ivanhoe Schiavone e Corvino (poi ai domiciliari), sono state sequestrate. I Natale – Mario, Enrico Maria e Gianluca – tutti estranei all’indagine sui terreni, hanno poi presentato ricorso al Riesame e ottenuto il dissequestro (non erano a conoscenza della riconducibilità di quegli immobili al boss Sandokan). Le informazioni fornite da Nicola Schiavone sull’eolico– che devono essere ancora valutate e riscontrate – sono state acquisite dalla Dda di Napoli proprio nell’ambito delle indagini sui terreni di Selvalonga.

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