Le mani del clan dei Casalesi sull’affare delle coop sociali

In 20 sotto inchiesta. La Dda accende i riflettori sul sistema Del Vecchio. Eufrasia, commercialista e sorella del ras Carlo Del Vecchio, al centro della rete di società che avrebbe monopolizzato il ‘Terzo settore’ in due province

NAPOLI – Le mani del clan dei Casalesi su alcune delle principali cooperative sociali attive in Terra di lavoro e nella provincia partenopea: è la tesi a cui da circa tre anni stanno lavorando i magistrati della Dda di Napoli e i poliziotti della Squadra mobile di Caserta. E ieri mattina gli investigatori hanno compiuto un passo che potrebbe rivelarsi fondamentale per dare ulteriore solidità all’inchiesta: hanno bussato alle porte di abitazioni e uffici di svariati indagati sequestrando documenti, computer e telefonini. Analizzandoli i pm Antonello Ardituro, Simona Belluccio, Vincenzo Ranieri e Rosa Volpe sperano di poter chiudere il cerchio e decidere se avanzare o meno al gip richieste di misure cautelari.

Contestualmente alle perquisizione, gli agenti hanno notificato 20 avvisi di garanzia: a riceverli la commercialista Eufrasia Del Vecchio, 51enne di Casapulla, sorella di Carlo Del Vecchio, esponente di spicco del clan dei Casalesi, che risponde di concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio, Tommaso Capezzuto, 42enne di Nola, Marcella Lancia, 62enne, e Carlo D’Angelo, 68enne, entrambi d Teano, Rodolfo De Rosa, 44enne di Frattamaggiore, e Gennaro Bortone, 53ene di Lusciano, indagati per turbativa d’asta. L’elenco continua con l’imprenditore Pasquale Capriglione, 53enne di Falciano de Massico, ex agente della polizia penitenziaria, indagato per concorso esterno al clan, false fatture, trasferimento fraudolento di beni, turbativa d’asta e peculato. Nel mirino della Procura distrettuale di Napoli anche i sanciprianesi Orlando Diana, 41enne, marito della consigliera comunale Giuseppina Barbato (estranea all’indagine) e parente di Francesco Zagaria ‘a benzina, e a Maurizio Zippo, 47enne: ai due viene contestata l’associazione mafiosa. Ilaria Iorio, 34enne di Carinola, e Salvatore Martiello, sindaco di Sparanise, sono sotto inchiesta, invece, per corruzione, Stanislao Natale, 49enne, Luana Picazio, 43enne, e l’ex assessore Maria Giovanna Sparago, tutti casertani, per concussione e turbata libertà degli incanti. Alessandra Iroso, 43enne di Napoli, Vincenzo Nespoli, ex parlamentare di Afragola, e Sofia Flauto, 51enne, rispondono di corruzione e turbativa d’asta, Luigi Lagravanese, 55enne di Aversa, di concorso esterno al clan dei Casalesi, e Giulio Fappiano, 53enne di Alife (fratello dell’ex viceprefetto Maria Luisa Fappiano, estranea all’inchiesta) di favoreggiamento e danneggiamento di sistemi informatici.

Le ipotesi di reato con cui si dovranno confrontare i 20 inquisiti per la Procura sono aggravate dall’aver agevolato la mafia dei Casalesi. Il lavoro dei poliziotti, guidati dal vicequestore Davide Corazzini, ha puntato a far luce sugli affidamenti relativi ai servizi socio-assistenziali di diversi Comuni del territorio casertano e del napoletano a cooperative che orbitano, questa la tesi dell’accusa, intorno alla figura di Eufrasia Del Vecchio: sarebbe stata lei a mettere in piedi il sistema che avrebbe gestito per anni il cosiddetto ‘Terzo settore’ nelle due provincie quasi in regime di monopolio, e proprio tramite la sua figura, dice la Procura distrettuale, al suo interno si sarebbe fatto spazio il clan dei Casalesi.

La donna, da commercialista, avrebbe curato la contabilità di oltre 140 cooperative e gestito di fatto, attraverso persone ‘fidate’, la società Serapide, che ingloba le comunità alloggio L’incontro e Miro, entrambe con sede a Santa Maria Capua Vetere, e la casapesennese Sant’Elena.

L’inchiesta avrebbe fatto emergere anche il presunto uso illegittimo delle proroghe di alcuni Enti locali per evitare le gare e continuare ad assegnare i servizi a ditte amiche.

La tensione dei Del Vecchio, vicini alla famiglia del capoclan Francesco Sandokan Schiavone, verso le cooperative sociali non nascerebbe con Ersilia, ma risale, secondo la Dda, alla fine degli anni Novanta, con i coniugi Massimo Zippo e Rosanna Del Vecchio (con la partecipazione di Regina Zagaria, madre della Del Vecchio).

Società ‘pulite’ dopo l’interdittiva ad Agape

Che il clan dei Casalesi si fosse insinuato nel ‘Terzo settore’, la Dda lo aveva accertato diversi anni fa, quando grazie ad una sua inchiesta era stata emessa un’interdittiva nei confronti di Agape Service. La nuova indagine, però, starebbe dimostrando come sostanzialmente gli stessi personaggi, mafia inclusa, che muovevano i fili di Agape non avevano mai mollato il business dei servizi socio assistenziali dando vita a nuove coop.

Il lavoro della Mobile, infatti, avrebbe fatto emergere una continuità tra l’Agape Service e la Edv Service, società che fa capo a Eufrasia Del Vecchio: la seconda è nata proprio quando la prima era stata colpita dall’interdittiva antimafia grazie ad un procedimento penale che aveva tirato in ballo Luigi Lagravanese. Tempistiche a parte, diverse persone che erano state coinvolte nella gestione dell’Agape, alla sua chiusura sono passate nelle altre cooperative ‘pulite’ che l’avevano sostituita negli affidamenti. E tra questi c’è Pasquale Capriglione che, secondo la Procura partenopea, proprio con Lagravanese e Sofia Flauto avrebbe condizionato l’aggiudicazione di alcune gare nell’ambito dei servizi socio sanitari gestite di vari Comuni della Campania.

Semplificando, era stato cambiato il guscio, ma la sostanza delle cooperative era sempre la stessa. In tale contesto Diana, Gennaro Bortone, Capirglione, Del Vecchio, Lagravanese, Sofia Flauto, Massimiliano Grassi e Maurizio Zippo avrebbero compiuto attività volte a partecipare alle gare attraverso società loro riconducibili. Luca Borrelli, Simona Borrelli, Paola Marrese, Anna Pacifico, invece, avrebbero svolto l ruolo di fittizi intestatari delle cooperative. Luca Carofano, Antonio Cleopatra, Rodolfo De Rosa, Carlo D’Angelo, Iroso Alessandra, Marcella Lancia, Salvatore Martiello, Maria Giovanna Sparago e Marfisa Varone avrebbero messo a disposizione il loro ruolo e la loro funzione di pubblici funzionari inseriti negli Enti pubblici di volta in volta coinvolti. Giulio Fappiano, secondo la Dda, avrebbe fornito il suo contributo criminale ‘bonificando’ i presidi tecnologici installati per diverse attività di intercettazioni.


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