S. CIPRIANO D’AVERSA – La Direzione distrettuale antimafia vuole a processo l’imprenditore Giuseppe Iannone: il 67enne, accusato di associazione mafiosa ed estorsione, affronterà l’udienza preliminare ad inizio febbraio. A decidere se rinviarlo o meno a giudizio sarà il giudice Antonio Baldassarre del Tribunale di Napoli.
L’inchiesta
L’inchiesta che ha tirato in ballo l’uomo d’affari aveva coinvolto anche il figlio Mario Iannone, 40enne, e il genero Mario Pellegrino, 44enne. Ai due venivano contestati i reati di concorso in estorsione, con l’aggravante mafiosa, e di trasferimento fraudolento di beni insieme a Giustina Amato (casapesennese ed ex consorte di Mario Iannone). Ma le posizioni dei tre sono state tutte archiviate. La Dda ha fatto dietrofront e Mario Iannone a novembre dell’anno scorso vennero raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in cella, Pellegrino finì ai domiciliari (nessuna misura, invece, scattò per la Amato). Dopo alcune settimane i provvedimenti restrittivi vennero tutti annullati. L’iter giudiziario, ora, proseguirà solo per il 67enne.
La tesi della Procura
Giuseppe Iannone, stando alla tesi della Procura distrettuale, fin dagli anni Novanta, sarebbe riuscito ad accaparrarsi la quasi gestione monopolistica degli appalti nell’Agro aversano nell’ambito degli scavi e della posa in opera dei cavi elettrici per conto dell’Enel, facendo leva sulla sua (presunta) vicinanza al clan dei Casalesi, a disposizione del quale, afferma la Direzione distrettuale, aveva messo le sue società: l’Alba 90 srl, la Siep Costruzioni e infine l’Elettrolima. Iannone, assistito dall’avvocato Ferdinando Letizia, inoltre, avrebbe impiegato nella gestione economica della loro società i proventi derivanti da attività estorsiva.
Le accuse
L’indagine sul business degli scavi per i cavi elettrici, coordinata dal pm Graziella Arlomede e condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, avrebbe fatto emergere anche una ‘collaborazione’ tra Iannone e Giuseppe Cantile: tra il 2009 e il 2010 avrebbero spillato soldi ad un altro imprenditore che si era aggiudicato in subappalto alcuni lavori ad Aversa. Iannone, sostiene la Dda, rivendicava una sorta di ‘signoria’ sull’area normanna, ma era arrivato a farsi versare 100mila euro anche in relazione ai cantieri che il concorrente aveva aperto a Sessa Aurunca e a Piedimonte Matese, sostenendo che fossero destinati a Nicola Schiavone. Avrebbe incassato quella somma in parte in contanti e in parte in assegni: la vittima, inoltre, sarebbe stata costretto a far apparire fittiziamente assunti dalla sua ditta operai in realtà impiegati a nero proprio da Iannone. Cantile, esponente del gruppo Papa di Sparanise, costola degli Schiavone, in base a quanto accertato dalla Procura distrettuale, su input di Iannone aveva più volte sollecito la vittima al pagamento dei ratei estorsivi. Qualche anno dopo Cantile morì in un agguato. Nel gennaio del 2014 fu assassinato a Baia e latina. Giuseppe Iannone è da ritenere innocente fino ad un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
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