MILANO – Ha scelto il silenzio davanti ai magistrati anche Gianluca Meranda. L’avvocato romano indagato per corruzione internazionale nell’inchiesta sui presunti fondi russi alla Lega è stato convocato a Milano dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e dai pm Sergio Spadaro e Gaetano Ruta. Si è presentato nella sede del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza in via Fabio Filzi intorno alle 15. Accompagnato dal suo difensore, il professore Ersi Bozheku, che ha una carriera accademica sia a Tirana che in Italia. E come già aveva fatto il leghista Gianluca Savoini qualche giorno fa, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Meranda-Mosca: era un incontro professionale
Al termine dell’incontro, durato poco più di un’ora, Meranda, prima di tornare a Roma in treno, si è limitato a confermare quanto aveva scritto in una lettera indirizzata a Repubblica nei giorni scorsi. Ribadendo che “lo scopo” dell’appuntamento d’affari con gli interlocutori russi all’hotel Metropol di Mosca, a cui hanno partecipato anche il presidente dell’associazione Lombardia Russia e il consulente Francesco Vannucci, “era prettamente professionale. E si è svolto nel rispetto dei canoni della deontologia commerciale”. Nessun commento, invece, sull’eventualità che al tavolo ci fosse un quarto italiano. Ipotesi che poi è stata smentita da alcune fonti investigative.
Indagato anche Vannucci
Nel frattempo, anche a Francesco Vannucci, ex bancario 62 enne e consulente dell’avvocato Meranda, è stato notificato un avviso di garanzia per corruzione internazionale. E anche lui potrebbe essere stato convocato a Milano nei prossimi giorni per comparire davanti ai magistrati.
L’appartamento romano dell’avvocato Meranda, un’autorimessa dove teneva i documenti dopo che ha lasciato lo studio legale romano in cui lavorava e la villa dove Vannucci abita con l’anziana madre a Suverato, in provincia di Livorno, sono state perquisite mercoledì dalle Fiamme Gialle. Che hanno acquisito computer, telefoni, file e documenti. Tutto materiale definito “molto interessante” dagli inquirenti, che dovranno esaminarlo nei prossimi giorni.
I nuovi dettagli del caso
Nel frattempo, nuovi dettagli del caso arrivano dall’Espresso. Nel numero del settimanale in uscita domenica, già anticipato su l’Espresso, si spiega come la trattativa per far arrivare finanziamenti al Carroccio “non è finita il 18 ottobre 2018. E’ proseguita anche dopo l’incontro nella hall dell’hotel Metropol” con altre due offerte. A provarlo, i “documenti esclusivi” relativi a due proposte commerciali successive. La prima, su carta intestata della banca londinese Euro IB di cui Meranda era “general counsel”, ossia consulente legale, è indirizzata alla compagnia petrolifera “a Rosneft dieci giorni dopo il summit di affari e politica in cui era presente” anche Gianluca Savoini.
Il meeting al Metropol
In quella circostanza le “condizioni indicate” nel documento “ricalcano esattamente” quelle del meeting al Metropol. Per il settimanale, tuttavia, “la negoziazione è andata avanti almeno fino a febbraio, a tre mesi dalle elezioni europee stravinte dalla Lega di Salvini. Lo prova una nota interna di un’altra società di Stato russa, Gazprom, e la risposta inviata direttamente a Savoini dalla banca londinese rappresentata al tavolo di Mosca” da Meranda. Il quale “cita esplicitamente Eni” (che tuttavia ha smentito qualsiasi coinvolgimento nella vicenda) come “compratore finale della maxi fornitura petrolifera. Allegando una lettera di referenza commerciale della società di Stato italiana”.
La versione di Savoini
Sul punto Savoini, Meranda, Rosneft e Gazprom non hanno voluto rilasciare commenti a l’Espresso mentre Eni “ha fatto sapere ‘di non aver preso parte in alcun modo a operazioni volte al finanziamento di partiti politici'”, scrive ancora il settimanale. “I documenti in nostro possesso – si legge ancora nelle anticipazioni de l’Espresso – rendono però inverosimile la versione di Savoini”. Che ha spiegato come quello nell’hotel moscovita sia stato “solo un incontro casuale in cui la politica non c’entra nulla, i soldi alla Lega neppure'”.
(LaPresse/di Benedetta Dalla Rovere)