Legge Elettorale, Pd rilancia proporzionale. Ma M5S sfida Dem, iter riprenda in commissione

Foto Roberto Monaldo / LaPresse in foto Nicola Zingaretti

ROMA – Andare al voto con il maggioritario “presuppone la volontà di tutte le parti di costruire un’alleanza, un campo, altrimenti è un suicidio politico” e non essendoci le condizioni “la migliore legge elettorale per il Paese è un proporzionale con soglia di sbarramento al 5%. L’ho sempre pensato e lo stesso Pd ha lavorato per questo”. Nicola Zingaretti rispolvera l’annoso tema delle regole del voto, che vedranno gli italiani – tra circa un anno – chiamati a eleggere il nuovo parlamento ‘dimezzato’.

Il governatore del Lazio, evidentemente ‘parla a nuora, affinché la suocera intenda’, non a caso quando il rapporto tra Pd e M5S è ai minimi storici. Sul fronte progressista infatti – benché Giuseppe Conte non smette di definire i rapporti con il leader Dem, Enrico Letta, “buoni”- l’alleanza non riesce a decollare neanche per le prossime amministrative e la ‘frattura’ sulle spese militari rischia di essere ad ora insanabile.

Il Nazareno tuttavia rilancia, trovando terreno fertile proprio nelle file M5S. E’ il presidente della Commissione Affari Costituzionali, Giuseppe Brescia, a cogliere la palla al balzo: “Per il MoVimento 5 Stelle la riforma della legge elettorale in senso proporzionale è sempre stata una priorità nell’agenda politica, anche prima della riduzione del numero dei parlamentari. Ora bisogna far ripartire la discussione in commissione. Basta semplicemente fissare la scadenza per la presentazione degli emendamenti, come ha chiesto più volte il MoVimento 5 Stelle negli ultimi uffici di presidenza”.

Parole confermate dallo stesso leader pentastellato, che rivendica: “La legge proporzionale non l’ha proposta il Pd. L’ho proposta io quando ero già al governo. Oggi, in questo quadro politico, è la soluzione migliore anche per affrontare una riforma che vedrà nella prossima legislatura una forte riduzione del numero dei parlamentari”.

Insomma l’occasione per riprendere in mano il dossier potrebbe essere l’ufficio di presidenza della Commissione convocato per mercoledì, durante il quale le forze di maggioranza, se coese, potrebbero riavviare l’iter della riforma elettorale e fissare il termine degli emendamenti al testo firmato da Giuseppe Brescia. Ma tra gli attori in campo ci sono più scettici che convinti.

“E’ il libro dei sogni”, filtra da fonti leghisti che non reputano la legge elettorale una ‘priorità’ con guerra in Ucraina e “i rincari dell’energia che stanno piegando gli italiani”. Stessa linea da Forza Italia e Fratelli d’Italia che rimangono fedeli al maggioritario. Difficile dunque che sulla legge elettorale ci sia una accelerata, commentano fonti Pd, mancando un fronte comune capace di sbloccare l’iter in commissione.

Le riforme insomma non scaldano i cuori della maggioranza di governo, troppo eterogenea e con obiettivi diversificati e divisivi anche all’interno di partiti e coalizioni. Nel centrodestra Coraggio Italia tifa per il proporzionale, come del resto la nuova creatura di Gianfranco Rotondi. A Giorgia Meloni con i sondaggi del partito schizzati alle stelle, converrebbe forse la virata a fronte di una coalizione ormai in vita solo sulla carta, ma assente sui territori. Senza contare le mosse di Matteo Salvini che vanno verso la direzione di una federazione che vorrebbe fare suoi i voti di Forza Italia.

Un quadro non ottimale, dunque, per mettersi seduti a un tavolo e discutere di legge elettorale. Meglio dopo le amministrative, quando ogni partito ragionerà sui risultati delle scelte fatte a favore o all’opposizione del governo Draghi. E lo stallo è evidente anche sul fronte delle riforme. Il tavolo voluto dalla maggioranza con il ministro per i Rapporti col parlamento, Federico D’Incà, ha messo in stendby il ddl Fornaro – che modifica all’articolo 57 della Costituzione in materia di base territoriale per l’elezione del Senato della Repubblica – aggiornandosi alla prossima settimana, ma sulle riforme ordinarie.

Ulteriori approfondimenti, è la spiegazione, sintomo di una proposta nata con una maggioranza che aveva colori e idee diverse per il percorso da intraprendere. Anche sui poteri di Roma Capitale c’è stata l’apertura di tutte le forze di maggioranza, che si sono comunque riservati ulteriori valutazioni. I tempi insomma non sono maturi e le riforme restano al palo.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome