Libano, seggi aperti per le legislative: prime dopo il tracollo e l’esplosione a Beirut

Libano al voto per eleggere il nuovo Parlamento, composto da 128 seggi.

BEIRUT – Libano al voto per eleggere il nuovo Parlamento, composto da 128 seggi. I libanesi vanno alle urne mentre il Paese affronta un tracollo economico: si tratta del primo voto dallo scoppio delle proteste di ottobre 2019 e del primo voto dopo la massiccia esplosione di agosto 2020 nel porto di Beirut, dovuta a centinaia di tonnellate di nitrato di ammonio mal conservate in un magazzino del porto, in cui rimasero uccise oltre 200 persone, migliaia rimasero ferite e parti della capitale furono distrutte. Le urne chiuderanno alle 19 locali, le 18 in Italia, e i risultati ufficiali sono attesi lunedì.  Le elezioni di oggi sono considerate l’ultima possibilità di invertire la rotta e punire l’attuale classe di politici, molti dei quali traggono il loro potere dal sistema politico settario libanese e dall’eredità della fine dei 15 anni di guerra civile terminata nel 1990. Ma sono basse le aspettative che queste elezioni possano alterare in modo significativo l’attuale panorama politico. Un nuovo gruppo di candidati venuti fuori dal movimento di protesta del 2019 è in corsa contro la radicata classe dirigente, sperando di spodestarla, ma il gruppo si presenta diviso e i candidati mancano di denaro, oltre che dell’esperienza dei politici tradizionali. Il timore diffuso è che si tratti di un voto solo simbolico e che il Libano resterà di nuovo bloccato in litigi sulla formazione di un nuovo governo e sull’elezione del presidente a ottobre.

Le elezioni legislative si tengono ogni quattro anni: nel 2018 gli elettori hanno dato al potente Hezbollah e ai suoi alleati con una maggioranza di 71 seggi; quest’anno ci sono in corsa 718 candidati su 103 liste, che aspirano ai 128 seggi del Parlamento. Sono oltre 3,5 milioni gli elettori aventi diritto. I partiti tradizionali sostenuti dall’Occidente sperano di togliere la maggioranza parlamentare a Hezbollah, mentre molti indipendenti sperano di sfondare le liste e i candidati tradizionali dei partiti. Il voto di quest’anno giunge dopo che il potente leader sunnita, l’ex primo ministro Saad Hariri, ha lasciato la politica e ha chiesto un boicottaggio da parte dell’elettorato sunnita. Il parlamento libanese e i posti di governo sono equamente divisi tra musulmani e cristiani secondo la Costituzione che è stata redatta poco prima della fine della guerra civile. Dopo la pubblicazione dei risultati elettorali, domani, il governo del primo ministro Najib Mikati diventerà un esecutivo provvisorio fino a quando il presidente non chiederà consultazioni con i nuovi membri del Parlamento, che sceglieranno il prossimo premier. Il nuovo Parlamento eleggerà poi anche un nuovo capo di Stato dopo la scadenza del mandato di sei anni del presidente Michel Aoun alla fine di ottobre.

La portata della situazione del Libano è chiara oggi anche nei seggi: nella città settentrionale di Tripoli, la più povera del Paese, diversi seggi elettorali erano senza elettricità e gli elettori in diversi casi hanno dovuto usare la luce dei loro telefoni per verificare nomi e liste prima di imbucare la scheda. Dall’inizio del tracollo economico, decine di migliaia di persone hanno perso il lavoro, la sterlina libanese ha perso più del 90% del suo valore e molti hanno lasciato il Paese in cerca di opportunità all’estero. Tre quarti dei 6 milioni di persone del paese, compreso 1 milione di rifugiati siriani, vivono ora in povertà. La Banca Mondiale ha definito il crollo del Libano uno dei peggiori al mondo degli ultimi 150 anni.

LaPresse

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