NAPOLI (Giuseppe Tallino) – Non c’è Damon Albarn dietro Liberato. Il ragazzo col cappuccio, che canta in napoletano, resta ancora un mistero. Chiunque l’abbia creato, però, ha la stessa genialità del 34enne londinese. Mondi diversi, per carità, ma caratteristiche comuni. Ed è un bene per l’Italia. Anzi, per la Campania: versatilità e mistero. La ricetta dei Gorillaz, che tocca di striscio i Daft-Punk. Liberato suonerà al Sonar di Barcellona: un importante festival di musica elettronica che si svolge dal 1994. Quest’anno andrà in scena dal 14 al 16 giugno. Sul palco comparirà il vero Liberato? Era atteso anche a maggio dell’anno scorso, sul palco del Mi Ami, a Milano: al suo posto, invece, comparirono Calcutta, Priestess e Izi con Dj Shablo in consolle. Il gotha laziale dell’indie rock cantò ‘9 maggio’.
Il risultato fu accettabile, con un suono molto vicino a quello passato dalle radio del ‘Liberato’ ufficiale. Ma esiste d’avvero? Oppure si tratta soltanto di un prodotto da laboratorio (ma riuscito molto bene)? L’alone di mistero è parte del suo successo. E’ il fumo che attira e che incanta: ma c’è tanta sostanza. C’è qualità. C’è la Napoli dei ragazzi suonata con rispetto, senza autocommiserazione. C’è l’amore, che fa sempre bene: quello che fa soffrire, per dimenticanza (Tu t’e scurdat‘ e me) e per tradimento (9 maggio). C’è la gioia (Gaiola Portafortuna) e il racconto della diversità (Me staje appennenn amò). Senza melassa. Capire chi sia, ormai, serve a poco: non conta. L’importante è che ci sia.