Libia, da Berlino arriva la spinta verso la tregua

La delegazione di Tripoli chiede chiarimenti sui meccanismi di monitoraggio del cessate il fuoco e alla fine del vertice, dopo quattro ore, viene annunciato che dai due leader è arrivato un primo ok per nominare i membri della commissione militare congiunta che dovrà supervisionare

Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse 19 gennaio 2020 Berlino, Germania Politica Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla Conferenza sulla Libia a BerlinoNella Foto foto di gruppo dei MinistriDISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE - Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

BERLINO – Un continuo tira e molla, ma alla fine viene annunciato che la tregua sarà mantenuta e monitorata da una commissione congiunta con esperti delle due parti. E’ una Conferenza complicata ed estenuante, quella di domenica a Berlino. Dovrebbe decidere il futuro della Libia, ma lascia aperti molti interrogativi: la tregua reggerà? I libici potranno avere un esecutivo unitario? Mentre i leader internazionali, dopo due ore di riunione, dicono che la dichiarazione finale va bene per loro, Fayez al-Serraj, a capo dell’esecutivo di Tripoli, fa sapere che il successo del cessate il fuoco proposto da Turchia e Russia è legato al ritiro delle “forze di aggressione”, così vengono definite, di Khalifa Haftar. La delegazione di Tripoli chiede chiarimenti sui meccanismi di monitoraggio del cessate il fuoco e alla fine del vertice, dopo quattro ore, viene annunciato che dai due leader è arrivato un primo ok per nominare i membri della commissione militare congiunta che dovrà supervisionare.

La padrona di casa, Angela Merkel, e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres si mostrano cautamente soddisfatti nella conferenza stampa finale. “Tutti hanno collaborato in modo molto costruttivo”, rimarca Merkel, e “tutti eravamo d’accordo che dovevamo trovare una soluzione politica, non militare”, “bisogna avere il cessate il fuoco permanente”. Per questo, spiega Guterres, “tutti si sono impegnati a ritirarsi dalle interferenze”. Da vedere se Erdogan e Putin rispetteranno davvero gli impegni.

E’ vero che la cancelliera tedesca è riuscita a mettere attorno a un tavolo tutti gli attori interessati al futuro del Paese, ma le distanze tra le parti che si contendono la Libia rimangono fin dall’inizio, quando vengono accolti gli ospiti. Al-Serraj, a capo di un fragile governo sostenuto dall’Onu, e Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, non hanno voluto apparire assieme. Sembra che non si siano mai voluti incrociati, sono sempre rimasti in stanze diverse, la stessa Merkel li ha ricevuti separatamente. E rifiutano di apparire nella foto di famiglia, con un risultato paradossale: una Conferenza sulla Libia dove non appaiono i leader libici.

Nonostante l’articolato documento finale, il vero obiettivo comunque è mantenere una tregua. Tregua che, in base alle notizie dal terreno, resta fragilissima. Il portavoce dell’esercito di Tripoli Mohammed Gununu dice che le milizie di Haftar hanno aperto il fuoco a Al-Khallatat, nella zona meridionale di Tripoli, in quella che viene definita una nuova violazione del cessate il fuoco dopo che un velivolo filo-Haftar avrebbe condotto un attacco nell’area di Abu Grein, tra Sirte e Misurata. Rimane quindi sullo sfondo l’idea di dispiegare un contingente di peacekeeping per salvaguardare la situazione: sarebbe troppo pericoloso, in questo frangente. “Non vedo lo spazio”, sottolinea l’inviato dell’Onu in Libia, Ghassam Salamé. Rimane però l’impegno della missione Unsmil.

Turchia e Russia, i ‘padrini’ di al-Serraj e Haftar, hanno un ruolo cruciale: i presidenti Recep Erdogan e Vladimir Putin difendono le rispettive posizioni per avere una vera e propria spartizione, di fatto, del Paese nordafricano. A parole si dicono entrambi interessati alla pace, dietro le quinte si fanno portavoce degli interessi dell’una o dell’altra parte, gettando una lunga e inquietante ombra sul futuro della Libia.

Matteo Bosco Bortolaso (LaPresse)

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