L’intervista. Picarone: “Stop alle correnti nel Pd”

Secondo il consigliere regionale le critiche di De Luca lanciano l’allarme contro le logiche di contrapposizione nel partito in vista del congresso

NAPOLI – Alle prossime elezioni comunali lo schema del “campo largo” per l’alleanza di centrosinistra andrà valutato caso per caso. E le recentissime dichiarazioni polemiche del governatore Vincenzo De Luca non implicano un distacco dal Pd. Ne parla a “Cronache” il consigliere regionale dem Francesco Picarone.

Ha preferenze per qualche candidato alla segreteria nazionale Pd e per quali motivi?

Il più strutturato mi sembra Stefano Bonaccini, che dà garanzie di essere un candidato con competenza sia politica che di governo e nello stesso tempo ha capacità di ascolto delle ragioni e delle istanze del Mezzogiorno. La sua mi sembra la candidatura più sostenibile, le altre, per un motivo o per un altro, non mi convincono.

L’anno prossimo in Campania andranno al voto Comuni importanti come Torre del Greco e Marcianise. Quale tipo di alleanze va privilegiato sui territori per aumentare le probabilità di vincere? Il “campo largo” di Napoli e di Caserta è riproponibile?

La situazione va considerata caso per caso. In qualche istituzione ci sono processi avanzati e il campo largo è l’opzione preferibile per le amministrative, in quanto si raggiunge più facilmente il risultato; non tutte le realtà, però, riescono a lavorare in questa direzione. Tutto dipende dalla maturazione dei processi, ma anche dal Pd: un partito più forte sarà in grado di attrarre alleanze, se siamo deboli diventa tutto più difficile.

Il presidente De Luca ha avuto parole molto critiche verso il congresso Pd e ha detto fra l’altro che “è meglio una fine dolorosa che un dolore senza fine”. Condivide?

Credo che il presidente sia scettico verso la gestione degli ultimi anni che ha visto bruciare tanti segretari e non ha portato al superamento delle logiche correntizie. Questo scetticismo è fondato su una preoccupazione legittima: è evidente che il partito in questo congresso si giochi il proprio futuro e De Luca fa bene a rimarcare i rischi della situazione, ma questo non significa che il governatore si ponga al di fuori del partito, piuttosto si appella alla responsabilità collettiva.

Il commissariamento del partito in Campania con l’incarico a Francesco Boccia non ha finora fatto segnare passi in avanti. Che giudizio dà di questa esperienza?

Il commissario ha lavorato per preparare le elezioni politiche in una situazione non semplice, ma non ho visto grandi passi in avanti. Anche perché ci sono nodi da sciogliere che riguardano il partito e sono alla base della contesa congressuale. C’è una grande necessità di avere un Pd forte in tutta l’area del centrosinistra: è l’unica condizione per costruire la svolta progressista in Italia. Con un partito debole rischiamo invece di andare verso una deriva populista minoritaria oppure verso una collocazione che non riesce a essere attrattiva.

In particolare quali sono questi nodi da sciogliere?

Il partito deve essere capace di attrarre sia il voto riformista che quello più radicale, saper guardare alle fasce deboli ma anche al futuro. Si rischia che la sanità pubblica vada in declino e un altro banco di prova fondamentale è un’autonomia differenziata che non metta in discussione i cardini dei livelli essenziali di prestazione e dei fabbisogni dei cittadini. Va mantenuta la coesione del Paese nel contesto europeo e delle alleanze euroatlantiche. Altro tema caro al governatore De Luca è rilanciare la pubblica amministrazione velocizzando le procedure. Il Piano nazionale di ripresa non riesce a decollare perché la pubblica amministrazione non riesce a farvi fronte.

In occasione della recente seduta di Consiglio sul bilancio l’opposizione ha lanciato accuse di “mancette” per alcune voci che in effetti sembrano più appartenere a un bilancio comunale. Come risponde a queste critiche?

Il programma triennale della Regione è vastissimo e comprende la programmazione europea 2021-2027, i fondi complementari, il Piano di ripresa e il bilancio. Con la manovra abbiamo mantenuto i punti più importanti: le politiche sociali, il fondo per la cultura e per il cinema, il trasporto gratuito per gli studenti. Abbiamo raccolto un’eredità di 5 miliardi di disavanzo e paghiamo 220 milioni all’anno per sostenere i passivi accumulati. Le cosiddette “mancette” sono 4 milioni di interventi puntuali per i Comuni e le aggregazioni sociali territoriali: si tratta di interventi richiesti dai consiglieri che rappresentano anche i propri territori.

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