
CASTEL VOLTURNO – Il suo nome, Amir, in arabo significa principe. E il suo cognome, Rrahmani, è uno dei 99 nomi islamici di Dio. Ma lui, che ormai a Napoli vive e gioca da sette anni, ha un animo scugnizzo, cementato da un legame che l’imminente rinnovo del contratto sino al 2028 renderà ancora più stretto. Amir Rrahmani, uno dei veterani dello spogliatoio, racconta e si racconta in un’intervista esclusiva con Cronache. A tutto campo parlando delle ambizioni della squadra e di quelle sue personali, di Napoli e Nazionale, di scudetto e Champions ma anche di guerra. Tutto con un aplomb e una voce sottile da bravo ragazzo che un po’ contrasta con il difensore ruvido ed efficace che si vede in campo e che ha conquistato Antonio Conte.
Partiamo dalla domanda che tutti si stanno facendo da giorni: come sta? Potrebbe farcela a rientrare contro l’Inter il 25 ottobre?
“Sto meglio e sto lavorando per cercare di rientrare il prima possibile. Non sappiamo ancora in quale partita potrò rientrare ma dobbiamo essere preparati e soprattutto non rischiare nulla. Sono fermo da tanto tempo e perciò bisogna fare le cose con calma. E poi non è importante in quale partita ma che io rientri il prima possibile e soprattutto che sia sicuro in campo”.
I numeri dicono che senza di lei il Napoli è passato da 0 gol in 2 partite a 9 gol in 6 partite: cosa non ha funzionato?
“Non è una questione di Rrahmani o di un altro giocatore. Quando tutta la squadra difende è sempre più facile per i difensori perchè hanno meno lavoro. Poi, certo, nel calcio ci sono anche i dettagli che decidono un’azione. Una lettura difensiva più lenta determina magari un gol e, quindi, l’esito di una partita. Non c’è insomma un segreto ma state sicuri che se la squadra ha una efficace fase difensiva tutto in campo diventa più semplice”.
Lei è ormai da sette anni a Napoli: si sente investito anche di un ruolo di leader?
“Sì, mi sento leader. Perchè, vuoi o non vuoi, sono da tanti anni a Napoli e ad avere questa ‘anzianità di servizio’ siamo pochi. Poi ovviamente ognuno ha la sua responsabilità di essere leader, ognuno lo è a modo suo: qualcuno lo è in maniera più ‘rumorosa’, qualche altro lo è invece in silenzio. Ma alla fine siamo accomunati tutti dall’idea di portare sempre più in alto il Napoli”.
In questi anni ha giocato in difesa al fianco prima di Koulibaly poi Kim e ora di Buongiorno e Juan Jesus: la difesa azzurra ha sempre funzionato e lei ha rappresentato una costante…
“In effetti negli anni sono arrivati e andati via diversi giocatori e invece io sono rimasto qui e le cose in effetti hanno sempre funzionato. Anche per questo il mio desiderio è di stare qui il più a lungo possibile”.
Napoli dunque è stata per lei una scelta di vita?
“Napoli è casa mia. Basti pensare che vivo 11 mesi qui e che solo un mese torno a casa, in Kosovo. Sì, Napoli è una nuova casa”.
Quando un giocatore sta fuori per infortunio e segue le partite dei compagni cosa prova?
“Ora lo posso dire: un’ansia tremenda. Quando i miei familiari mi dicevano che erano emozionati nel vedermi giocare non ci credevo, giocando non riuscivo a capire. E invece ora li capisco benissimo perchè soffro quando sono in tribuna e peggio ancora quando vedo la partita dei miei compagni in tv. C’è un’emozione fortissima, una paura e un’ansia che non sai spiegare. Mi accade così sia per il Napoli che per la mia Nazionale, il Kosovo. Quando sei in campo a queste cose non pensi perchè sei concentrato sulla partita, pensi ad altre cose. Invece quando non gioco la vivo come la vive un tifoso sfegatato. Sono emozioni diverse ma certo intense quasi allo stesso modo”.
E quando ha visto il Napoli perdere a San Siro contro il Milan come ha reagito?
“Ero dispiaciuto per la sconfitta ma anche arrabbiato per non aver potuto dare una mano ai miei compagni in campo”.
Come spogliatoio e come gruppo credete alla possibilità di poter vincere un altro scudetto dopo quello dell’anno scorso?
“Non lo abbiamo detto nè in occasione del terzo nè del quarto e non lo diremo oggi. La nostra filosofia è dare sempre il massimo in ogni partita perchè la strada è molto molto molto (ripete l’aggettivo per tre volte, proprio a sottolineare le difficoltà del bis tricolore, nda) lunga. La storia di un campionato può cambiare facilmente da una partita all’altra, nel calcio non sai come va. Ovviamente dobbiamo essere fiduciosi nelle nostre capacità e lavorare tanto. Pensare a quello che sarà alla fine è prematuro, pensiamo solo a lavorare sodo”.
Rispetto alla scorsa stagione ma anche al campionato 2022-2023 al vertice c’è maggiore equilibrio, ci sono diverse rivali attrezzate tra Milan, Inter, Roma e Juve quale vede come antagonista principale del Napoli?
“Tutte quelle citate. Ad oggi non sappiamo ancora il reale valore di ognuna perchè siamo soltanto all’inizio della stagione e siamo tutte vicine in classifica. Non ho un’idea definite di gerarchie ma sono sicuro di una cosa: tutte le big daranno battaglia per il tricolore. E noi siamo prontissimi ad affrontarle”.
Ha vinto due scudetti in tre anni: che cosa è cambiato anche nella mentalità di un gruppo che ha fatto l’abitudine ad essere vincente?
“La cosa fondamentale resta pensare ad una partita per volta come se fosse la più importante di tutte, essere concentrati a vincerla. Ormai, grazie al presidente De Laurentiis che ha fatto grandi investimenti, abbiamo una squadra forte da anni e dunque siamo sempre stati convinti di poter vincere. Perciò alla fine gli scudetti sono una ricompensa, la conferma che hai lavorato bene”.
Tra i due scudetti che ha vinto quale è stato quello che le è rimasto più dentro?
“Il primo è stato divertente perchè avevamo un vantaggio importante in classifica e non avevamo tante pressioni, direi che ce lo siamo goduto. Invece il secondo è stato molto difficile ma più intenso. Naturalmente tutti e due hanno la loro importanza nella mia vita perchè è la prima volta che ho vinto uno scudetto in Italia. E poi vincerne due in cinque anni è una cosa grande. Perchè sappiamo tutti che quando lo vince una squadra del Sud vale di più”.
Continua la seconda parte dell’intervista.