NAPOLI – Il centrodestra è in forte difficoltà, i rapporti tra i leader della coalizione sono tesi e gli attacchi di Giorgia Meloni a Matteo Salvini e a Silvio Berlusconi, sembrano raccontarne l’epilogo. Ma pensare che sia finito è un errore. A spiegare perché è il deputato di Forza Italia Paolo Russo.
Onorevole, Berlusconi ha fatto un passo indietro ritirando la candidatura a presidente della Repubblica e seppur a distanza ha giocato un ruolo nelle trattative tra partiti che si sono chiuse col Mattarella bis. Quando il Cavaliere è ‘distratto’ da problemi di salute e a farne le veci è Tajani il partito sembra vacillare. A guardare i fatti, oggi, esiste un suo successore?
Credo che il numero due di Berlusconi non esiste. Non ci può essere un successore che governa i processi da solo, d’altronde dopo De Gasperi non ci fu il vice di De Gasperi. Piuttosto credo l’impegno di Berlusconi possa essere valorizzato se coadiuvato da tutte le sensibilità interne a Fi a partire da Tajani e passando per i ministri e tutti gli altri. Avere come guida Berlusconi è un valore, è un’occasione unica. Disperdere questa opportunità per una contrapposizione interna è poca roba. Bisogna avere la capacità di quello che un tempo chiedeva il presidente Massimino, ossia l’amalgama e mettere tutti insieme.
Il centrodestra sembra essere giunto al capolinea. E’ così?
Non credo proprio. Ciò che è giunto al capolinea sono l’atteggiamento muscolare e la prospettiva populista a trazione estrema. Il punto non è centrodestra sì o centrodestra no, ma è ormai evidente che quando è a trazione lepenista è votato alla marginalità e alla sconfitta.
Se il centrodestra non è finito, cosa che sostengono da Fdi, che senso hanno gli attacchi che da giorni la Meloni non risparmia né a Salvini né a Berlusconi?
Si chiama operazione di marketing elettorale. In questo momento c’è chi si preoccupa dei problemi delle persone, delle imprese e delle famiglie, delle ragazze e dei ragazzi del Mezzogiorno e c’è chi prova a massimizzare il risultato in chiave di marketing. Un centrodestra forza di governa dovrebbe speculare meno sulle sciagure del Paese offrendo soluzioni. Ma capisco che questo comporterebbe impegno, approfondimento e assunzione di responsabilità.
Lei da tempo parla della necessità per il partito di tornare al centro di una coalizione a trazione moderata e non sovranista, cosa non ha funzionato nell’incastro con Salvini e Meloni?
Ho sempre sostenuto le ragioni di un centrodestra a guida liberale. E’ stata questa nel 94 la straordinarietà del progetto di Silvio Berlusconi che mise insieme l’animo cattolico e riformista con la destra sociale. Anche all’epoca vi erano sensibilità diverse andavano ad integravano. Quelle sensibilità non possono essere prevalenti non da rendere succubi gli altri o ambire a renderli perfino anti-europei.
Sembra tornato di moda il Partito Repubblicano, ne parlò per primo Berlusconi anni fa, poi la Meloni ad Atreju e ora Salvini. E’ una proposta che state valutando o quella della federazione del centrodestra è come il ponte sullo Stretto, se ne parla da decenni ma non si realizza mai?
Non è come il ponte sullo stretto perché appena avremo l’esito della commissione faremo in modo che finalmente si realizzi. Il punto è che il Partito Repubblicano ha una storia e un modello diverso, guarderei di più al PPE che molto più si lega alla tradizione cattolica. In questo senso vedo maggiore senso, l’impegno deve portarci a capire l’importanza della collocazione del centrodestra italiano per le dinamiche politiche europee. Se siamo tutti con il Ppe è un conto se siamo sovranisti e anti-europeisti quando l’Europa ci dona e presta tanti miliardi è un altro.
Crede che i presupposti per realizzare il tentativo di allargamento del centrodestra verso Renzi, Calenda Più Europa, siano buoni? Già si parla di Italia al centro…
Fi è naturalmente collocata su una posizione riformista e moderata del centrodestra, ma deve allargare il raggio di azione, ben vengano altre sensibilità per allargarlo, ma il campo resta quello del centrodestra.