CASERTA – Mafie dalla spiccata vocazione imprenditoriale. È con queste parole che il colonnello Nicola Sportelli, comandante provinciale della guardia di finanza di Caserta, descrive le organizzazioni criminali radicate in Terra di Lavoro. Un’analisi lucida, frutto anche dell’esperienza maturata sul campo nel contrasto a un’altra potente realtà malavitosa: la ’ndrangheta. Sportelli, infatti, ha guidato il Gruppo di Locri e successivamente il Nucleo investigativo sulla criminalità organizzata (Gico) di Catanzaro, dove ha affrontato in prima linea il sistema criminale calabrese.
“Quella che ho trovato qui – ha dichiarato il comandante – è sicuramente una mafia meno ricca rispetto alla ‘ndrangheta, che oggi detiene il monopolio nel traffico di cocaina. Ma non va assolutamente sottovalutata: la camorra ha sviluppato una notevole capacità di reinvestimento dei proventi illeciti nell’economia legale. E stando alle indagini che stiamo conducendo, sta emergendo una sua significativa abilità nel riciclaggio”.
E come si manifesta questa abilità?
Attraverso l’emissione di fatture false. Servono a giustificare operazioni economiche fittizie, finalizzate a legittimare l’introito di somme di denaro che, successivamente, vengono trasferite all’estero.
Verso la Cina?
Anche verso l’Est Europa. Le indagini che abbiamo condotto hanno messo in luce come, in alcuni casi, siano direttamente soggetti asiatici a contattare la criminalità organizzata per avviare operazioni di riciclaggio. In Calabria, invece, accadeva il contrario: erano gli esponenti della ’ndrangheta a rivolgersi a operatori cinesi.
Possiamo quindi affermare che la mafia casertana, attraverso il sistema delle false fatture, abbia sviluppato un vero e proprio know-how che mette a disposizione anche degli imprenditori?
Sì, esattamente. E a un costo relativamente contenuto per chi decide di usufruirne. Una volta versata l’Iva, di norma si aggiunge una percentuale intorno al 10 per cento.
L’attività investigativa punta a ricostruire questa filiera composta da società cartiere e professionisti infedeli, per poi colpirla e sradicarla. Ma esistono strumenti per prevenirne la diffusione?
Sì, realizziamo periodicamente analisi di rischio sulle nuove aperture di partita Iva, che tracciamo in base al rappresentante legale, all’oggetto sociale e all’ubicazione. Da gennaio a oggi, per quelle sottoposte a controllo e risultate prive di requisiti strutturali, di personale o collegate a soggetti con precedenti penali, abbiamo richiesto all’Agenzia delle Entrate la cancellazione di 88 partite Iva. Almeno queste non potranno essere utilizzata per emettere fatture false.
Quando però non si riesce a intervenire in tempo, quel sistema illecito genera denaro che, sebbene venga riciclato all’estero, finisce per rientrare in Italia.
E qui interviene la polizia giudiziaria, con l’obiettivo di identificare proprio chi consente il rientro in Italia di quei capitali. L’indagine punta a collegare il denaro al soggetto che lo riporta nel nostro Paese. Le società cartiere sono centrali, ma il sistema regge anche grazie alla collaborazione di alcuni professionisti. Ci sono commercialisti che svolgono esclusivamente questo tipo di attività, fornendo supporto tecnico per evadere e riciclare. Ma non sono i soli.
A chi si riferisce?
A chi materialmente trasporta il denaro, a chi lo preleva, a chi favorisce la costituzione delle società fittizie dando i propri dati. Tutta una filiera di intermediari che rende operativo il sistema. Per farlo funzionare è necessaria anche una struttura criminale nel Paese estero dove avviene il riciclaggio.
Dunque è fondamentale la collaborazione con le forze di polizia di quei territori.
Esatto. Grazie a Eurojust riusciamo ad agire in modo coordinato. La guardia di finanza investe molto nelle attività transnazionali e partecipa attivamente alle squadre investigative comuni. Oggi, con la Procura europea, tutto è diventato più fluido.
Tuttavia restano problemi legati alle differenze normative.
A livello europeo, la normativa antimafia italiana è tra le più avanzate. Occorre però un quadro normativo comune, perché in molti Paesi reati che da noi sono previsti e perseguiti non esistono affatto. In alcuni Stati, ad esempio, non è contemplata l’associazione mafiosa: si riconosce solo la banda armata. Questo consente al camorrista di turno di trasferirsi altrove e continuare a delinquere con maggiore tranquillità.
Le fiamme gialle sono inevitabilmente coinvolte nel monitoraggio dei flussi finanziari, e quelli legati al Pnrr sono stati elevati.
La provincia di Caserta è seconda in Campania, dopo Napoli, per numero di progetti finanziati. Questo dimostra che amministratori, tecnici e imprenditori sono stati capaci di presentare proposte solide. Il Pnrr ha un duplice valore: economico, perché genera sviluppo; e sociale, perché consente – una volta realizzati i progetti – di migliorare la qualità della vita. Si stanno costruendo asili, piste ciclabili, si ristrutturano scuole, si investe in cultura, si sistemano le strade. E, sorprendentemente, sono i piccoli Comuni a registrare i risultati migliori. Tuttavia, non mancano le criticità.
Criticità legate ai tempi?
Sì. I progetti devono essere completati – salvo proroghe – entro il 2026, altrimenti si rischia di perdere i fondi. I pagamenti avvengono per step, ma i soldi agli Enti vengono riconosciuti soltanto a lavori conclusi. Alcuni interventi non sono nemmeno partiti…
In questo contesto, qual è il ruolo della guardia di finanza?
Il Comando generale ci ha dato un’indicazione chiara: seguire l’intero iter dei progetti Pnrr, dalla pubblicazione del bando all’individuazione della società esecutrice. Analizziamo le imprese per verificare eventuali collegamenti mafiosi e la loro reale capacità tecnica di portare a termine l’opera. Monitoriamo ogni fase, fino alla consegna finale, per garantire che tutto proceda correttamente.
Una sorta di affiancamento, dunque.
Esatto. Soprattutto nei confronti degli enti più piccoli, per aiutarli a fare le cose per bene. E devo dire, con sincerità, che salvo pochi casi negativi, il sistema sta funzionando. In alcune situazioni siamo intervenuti prima ancora del primo pagamento. Monitoriamo anche a progetto concluso, per verificare l’evoluzione. È un lavoro enorme, ma i numeri ci danno soddisfazione. Certo, esistono anche occasioni perse.
Può citarne una?
Un progetto per la raccolta rifiuti che, se realizzato, avrebbe potuto risolvere gravi criticità in una zona della provincia. Era un intervento strategico, ma dietro c’era un piano inconsistente.
È al suo secondo anno a Caserta. Che idea si è fatto dell’imprenditoria locale?
Alcune realtà non hanno nulla da invidiare a quelle del Nord Italia, o persino a quelle europee. In diversi settori, la provincia esprime eccellenze di primo livello. Il nostro compito è garantire controlli e sicurezza economica, per offrire margini di crescita a chi opera nella legalità.
Come si impegna la guardia di finanza in questo?
Tuteliamo chi rispetta le regole. Abbiamo concentrato gli sforzi sugli evasori totali, potenziando l’attività di intelligence per individuare soggetti sconosciuti al fisco, che non emettono né ricevono fatture e non utilizzano canali finanziari. Sono il vero cancro dell’economia, perché riescono a vendere prodotti a prezzi inferiori rispetto a chi è in regola e paga stipendi e tasse.
Così si genera una concorrenza sleale.
Esattamente. Quest’anno abbiamo scoperto oltre 800 lavoratori in nero. Un numero che è diretta conseguenza delle attività di evasori totali: in un anno e mezzo ne abbiamo individuati più di 120.
Una volta scoperti, come si interviene?
Come accennavo, abbiamo chiuso oltre 80 partite Iva, alcune delle quali direttamente riconducibili a questi soggetti. In altri casi, abbiamo costretto gli evasori totali ad aprirle per ricostruire le attività svolte in precedenza, e successivamente le abbiamo chiuse. È un lavoro complesso: bisogna rintracciare le tracce finanziarie e ricostruire tutto anche attraverso documentazione extracontabile.
Altro fronte caldo: le accise.
Sì. Ci tengo ad avvisare i cittadini: quando trovano carburante a prezzi troppo bassi, devono farsi qualche domanda. Spesso quel prodotto è adulterato o frutto di evasione fiscale. Quest’anno abbiamo sequestrato circa 112 milioni di euro a una società che beneficiava di una frode legata all’importazione illegale di carburante.
Un settore di grande interesse per la mafia.
Senza dubbio. Le organizzazioni criminali possiedono un know-how ben strutturato nel traffico illecito di carburanti, così come in quello dei tabacchi lavorati esteri. È un comparto, quest’ultimo, dominato in gran parte da soggetti stranieri che introducono illegalmente il prodotto in Italia. Di recente, però, si è aperto un nuovo fronte: quello del tabacco grezzo. Nei primi sei mesi dell’anno abbiamo sequestrato quasi 60 tonnellate di tabacco lavorato illegalmente, merce importata e poi trasformata in fabbriche clandestine.
Abbiamo parlato di mafia, Pnrr, fatture false, contrabbando. Ma la corruzione resta un problema radicato.
Non bisogna generalizzare, ma dove c’è corruzione spesso ci sono apparati politici deboli.
Più frequentemente, però, è il settore dirigenziale a essere coinvolto direttamente.
La politica ha responsabilità dirette e chi governa deve vigilare con attenzione, individuando i settori più vulnerabili e mettendo in campo misure concrete per prevenire gli illeciti, creando veri e propri anticorpi. Un episodio può capitare, ma non può essere ignorato. Bisogna chiedersi: perché quel dirigente è rimasto in carica per vent’anni? Perché si è chiuso un occhio? Spesso interessi comuni tra politici e funzionari influenzano le decisioni, e in certi casi si sceglie di non applicare pienamente le norme antimafia. Così si spalancano le porte alle infiltrazioni.
Che idea si è fatto del tessuto economico casertano? È sano?
Sì, lo è. È anche dinamico in senso positivo. C’è una reale volontà di crescita nella provincia. Terra di Lavoro ha grandi potenzialità. Negli ultimi due anni si è registrato un trend positivo tra aperture e chiusure di partite Iva: abbiamo 840 imprese in più rispetto all’anno scorso, ed è un dato importante.
È stato celebrato il 251º anniversario della fondazione della guardia di finanza. Siete una realtà storica, centrale per l’Italia. Il crimine si è evoluto, la società è cambiata e, di conseguenza, anche le fiamme gialle in questi due secoli e mezzo hanno modificato il loro approccio investigativo. Ma qual è la percezione che hanno oggi i cittadini dei finanzieri?
Notiamo una maggiore consapevolezza sull’importanza del lavoro che svolgiamo. Non siamo percepiti come chi semplicemente controlla il portafoglio degli italiani, ma come chi impedisce che i soldi vengano sottratti loro ingiustamente. C’è apprezzamento per il nostro impegno, soprattutto nel monitoraggio di come viene gestita la spesa pubblica.