Lo spaccio in strada non basta più, i clan puntano a introdurlo in cella

Pasquale Gallo, segretario campano del Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria

NAPOLI – Lo spaccio in strada non basta più e i clan tentano la vendita della droga nelle carceri, usando droni e cellulari cablati. A lanciare l’allarme i sindacati della polizia penitenziaria, che da mesi sequestrano nelle celle dosi di stupefacenti già pronte, per la cessione al dettaglio. I numeri svelano un fenomeno in costante crescita.

L’analisi del sindacato

Lo dice a chiare lettere il segretario campano del Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria: “Prima lo spaccio avveniva solo in strada – racconta Pasquale Gallo – ora i boss provano a gestire la vendita dei narcotici nelle celle con telefonini e droni”. Cosa avete scoperto? “Spesso troviamo i droni carichi di stupefacenti, diretti alle carceri. Abbiamo un sistema anti droni, ma non è sempre efficace, perché i clan usano apparati ad alta tecnologia e soprattutto sono capaci di innovarsi e migliorarsi. Proprio come farebbe una grande azienda, per essere competitiva”.

I precedenti

Può spiegare meglio? “L’ultima volta abbiamo sequestrato 11 bustine di cocaina già confezionata per lo spaccio nel carcere di Secondigliano. Non più di dieci giorni fa. Erano in una cella. E se non fossimo intervenuti, probabilmente la droga sarebbe stata venduta al dettaglio”. Cosa fare per arginare lo spaccio? “Il nuovo comandante ha adottato un piano ad hoc con controlli mirati. Accade quasi sempre nel reparto Ligure, dove ci sono varie sezioni con diversi clan. I più competitivi e tecnologici sono quelli di Secondigliano, Melito e Caivano. Ma anche gli Amato-Pagano. Però ora nel reparto Ligure sono arrivati pure i De Micco e i Casella di Ponticelli. La situazione non migliora. Anzi”.

L’esigenza di risorse

Poi scende nei dettagli: “Non puoi mettere clan contrapposti nella stessa sezione, altrimenti litigano per conquistare spazi e gestire il narcotraffico. Se li isoli, invece fanno gruppo. Fino a quando c’è un solo agente a sorvegliare cento detenuti in una sezione, non ne usciremo. E’ una questione di personale. Ci vogliono risorse. Deve essere chiaro. Ed è inutile nascondere il problema, del resto noto e visibile a tutti. Ogni giorno per gli agenti della Penitenziaria è una corsa contro il tempo per intercettare dosi e droni”.
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