Lo stesso appalto promesso a due imprese

Sotto la lente la gara di Arienzo, offerta a Econova (estranea all’indagine) e alla Czeta. Nei nuovi atti dell’inchiesta sul ‘sistema Ferraro’ emerge il racconto di un incontro in albergo tra Romano e un referente di una delle società

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Domenico Romano e Nicola Ferraro
Domenico Romano e Nicola Ferraro

CASERTA – Non un semplice intreccio corruttivo, ma un meccanismo strutturato, fondato sull’evocazione e sull’intervento diretto del potere camorristico. È su questo punto che la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, con un articolato appello al Riesame, firmato dal pm Maurizio Giordano (basto sugli accertamenti svolti dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta), chiede ai giudici di rivedere la decisione del Tribunale che aveva escluso l’aggravante mafiosa – nei provvedimenti cautelari – emessi nei confronti dell’ex consigliere regionale Nicola Ferraro Fucone (attualmente libero), già condannato in via definitiva per concorso esterno al clan dei Casalesi, e degli altri indagati coinvolti nell’inchiesta sul presunto sistema di condizionamento degli appalti pubblici nel settore dei rifiuti e delle sanificazioni sanitarie.

Al centro della richiesta della Procura partenopea vi è una mole di dichiarazioni, intercettazioni e riscontri documentali che, secondo l’accusa, dimostrano come il nome, il carisma e le presunte relazioni criminali di Ferraro abbiano rappresentato uno strumento essenziale di pressione, intimidazione e ‘garanzia’ per gli imprenditori disposti a pagare per essere agevolati nelle aggiudicazioni delle gare.
Un ruolo chiave è attribuito a Domenico Romano, indagato e ritenuto uno degli intermediari tra Ferraro e le imprese. Romano, poco dopo aver ricevuto una perquisizione determinata dall’indagine sul ‘sistema Fucone’, ha iniziato a parlare con gli inquirenti, raccontando di essersi mosso per far vincere appalti ad imprenditori compiacenti, presentandosi come soggetto in grado di influenzare l’esito delle gare. È quanto accade, secondo il suo narrato, nella procedura per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti del Comune di Arienzo.
Dopo aver individuato le imprese partecipanti consultando la sezione Amministrazione trasparente, Romano, ha riferito, avvia contatti sia con la Econova – che egli riconduce ai fratelli Giuseppe e Gennaro Amalfitano (estranei all’inchiesta), napoletani trasferitisi in Piemonte – sia con la Czeta di Ilario Aniello, beneventano, promettendo a entrambe un esito favorevole. In questo contesto, secondo quanto verbalizzato, Romano avrebbe organizzato un incontro in un albergo di Napoli, in zona via Galileo Ferraris, dove avrebbe incontrato uno dei due fratelli Amalfitano, prospettandogli la possibilità di ‘pilotare’ l’appalto.

L’aggiudicazione viene effettivamente ottenuta da Econova. Romano precisa però agli inquirenti che la vittoria non sarebbe stata frutto di un suo reale intervento sulla stazione appaltante, ma che, una volta conclusa la gara, gli sarebbe stata comunque consegnata la somma di 2.500 euro come anticipo di una presunta richiesta ben più ampia, quantificata in 50mila euro. Un passaggio che la Dda valorizza come indice del metodo utilizzato dall’intermediario, ma rispetto al quale va chiarito che i fratelli Amalfitano non risultano indagati né destinatari di contestazioni nel procedimento.

Il collegamento tra i fratelli Amalfitano ed Econova non si fonda su accuse penali, ma su accertamenti documentali: incarichi societari ricoperti in passato, rapporti familiari e la presenza, nell’assetto dell’azienda, di una quota intestata alla moglie di uno dei due, elemento che – a detta degli investigatori – potrebbe delineare un controllo indiretto, tutto ancora da valutare nelle sedi competenti.
Sempre secondo la ricostruzione accusatoria, Econova avrebbe poi iniziato a svolgere il servizio in modo non conforme al capitolato. È a questo punto che entrerebbe in scena Ferraro: Romano riferisce di avergli chiesto di intervenire per ottenere l’estromissione della società e il subentro della Czeta, seconda classificata. Ferraro, forte dei suoi rapporti sul territorio, avrebbe contattato il sindaco appena eletto, ottenendo nel giro di poche settimane la risoluzione del contratto e il passaggio del servizio alla Czeta, come poi effettivamente avvenuto tra settembre e ottobre 2021.

Il dato che per la Procura qualifica l’intera vicenda in chiave mafiosa è però un altro: la protezione criminale garantita agli imprenditori. Romano e Aniello parlano apertamente di una richiesta di 50mila euro per ‘stare tranquilli’, cifra che – secondo gli atti – sarebbe stata in parte versata e in parte promessa.

A confermare questo schema non ci sono solo le dichiarazioni, ma anche intercettazioni giudicate decisive. In una conversazione del 13 dicembre 2022, Romano spiega alla compagna che l’accordo con la famiglia Ilario prevedeva il pagamento di 50mila euro, di cui 30mila già corrisposti e 20mila ancora da saldare. Un dato che riemerge anche in un dialogo captato pochi giorni dopo tra Ilario Aniello e il figlio, nel quale l’imprenditore manifesta il timore che Romano si presenti in azienda per riscuotere il residuo.

Ma soprattutto, nelle stesse conversazioni, emerge un passaggio che per la Dda è dirimente: l’intervento di Ferraro per fermare un’ipotetica estorsione. Aniello racconta che i camion della Czeta erano stati bloccati da uomini riconducibili a un soggetto noto come Minuccio o Pazzaglione, indicato come esponente criminale locale. Dopo l’intervento diretto di Ferraro, l’imprenditore riferisce che i problemi cessano. In cambio, vengono consegnate ulteriori somme di denaro come ‘regalo’ per l’opera di mediazione.

È proprio questo episodio che, secondo la Procura, dimostra come Ferraro non fosse un semplice mediatore corruttivo, ma un soggetto in grado di interloquire con ambienti camorristici e di garantire la cosiddetta ‘tranquillità sociale’, tipico indice dell’agire mafioso. Un potere fondato non su incarichi formali, ma su una reputazione criminale consolidata, maturata negli anni e ancora pienamente spendibile.
Recentemente ha iniziato a interloquire con la Procura anche Ilario Aniello, che in parte ha confermato l’esborso di denaro per l’appalto ad Arienzo.

L’appello al Riesame presentato dalla Dda riguarda le posizioni di Ferraro, accusato di associazione mafiosa, Antonio Moraca, 70enne di Capua, Felice Foresta, 60enne di San Marco Evangelista, il politico di Casapulla Luigi Bosco, ex consigliere regionale ed ex assessore comunale a Caserta, Giuseppe e Luigi Rea, entrambi casertani, Paolo Verolla, 41enne, e il suo omonimo di 36 anni, Luigi Verolla, nonché Carlo e Vittorio Ciummo di Cassino, in relazione alla contestazione di concorso esterno in associazione mafiosa.

Tutti sono da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile. L’indagine si trova ancora nella fase preliminare e l’eventuale processo che ne scaturirà potrà dimostrare l’estraneità dei coinvolti ai fatti contestati.

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