CASAL DI PRINCIPE – Piazzare slot illegali nei bar: sarebbe stato questo il core business delle nuove attività di Raffaele Letizia, esponente di spicco della cosca Russo (costola degli Schiavone), guidata da Peppe ‘o padrino. Ma farle installare, sfruttando il suo potenziale mafioso, in locali ‘amici’, disposti ad accoglierle senza fare storie, non bastava. E così, quelli che per i finanzieri del Gico di Napoli sono stati due suoi sodali – ovvero Marco Losapio, 36enne di Casal di Principe, e Pasquale Di Bona, 55enne originario di San Cipriano d’Aversa – si sarebbero impegnati ad acquisire, intestandoli a prestanome, dei bar. Una condotta che ha portato la Direzione distrettuale antimafia a contestare ai due il reato di trasferimento fraudolento di beni con l’aggravante mafiosa.
Losapio e Di Bona secondo la Procura partenopea, avrebbero fittiziamente attribuito a Giovanni Argine, 38enne, la titolarità del bar “Diamante 1”, con sede a Casale in via Bari, e del bar “Diamante 3” con sede in via Vaticale.
Stesso meccanismo, sostiene l’accusa, sarebbe stato adottato dai due con Giovanni Diana, 34enne: a quest’ultimo avrebbero affidato il bar“Cafetteria 3C” in corso Umberto a San Cipriano d’Aversa e il bar “Milano” in via Milano a Casal di Principe. Altro presunto prestanome sarebbe stato Raffaele Cantiello, 37enne: a lui sarebbe stato intestato il bar “Le Perle”.
Queste attività commerciali, secondo il Gico, sono direttamente riconducibili a Di Bona e Losapio e, quindi, installare lì le slot illegali era un’operazione semplice: non c’erano intoppi, non c’erano persone da convincere. Ma l’ipotizza gang di Letizia sarebbe riuscita a piazzarle anche in tanti altri locali compiacenti, non di loro proprietà.
Nell’ipotizzata cricca coordinata da Raffaele Letizia – con alle spalle già condanne per mafia – dedita alla gestione del business dell’azzardo, attraverso – come detto -slot machine e piattaforme online per scommettere clandestinamente, Di Bona, afferma la Dda, avrebbe avuto un ruolo quasi di vertice, affiancando il mafioso e Marco Alfiero nel ruolo di organizzatore di tali attività. Losapio, invece, al pari di Bruno Salzillo, si sarebbe dedicato a occuparsi delle installazioni delle slot.
Fornire questi apparecchi, invece, sarebbe stato compito di Antonio e Vincenzo Vaccaro. Tutti gli indagati menzionati rispondono del reato di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa.
Risultano invece estranei a questa gang altri due indagati, ovvero Pierpaolo Improta, che risponde, però, di aver concorso nell’uso di apparecchiature da gioco d’azzardo insieme a Letizia, Di Bona, Losapio e i fratelli Vaccaro. Stesso reato contestato a Vittorio Alfiero, accusato di aver curato i rapporti con i gestori dei siti informatici dove avvenivano le scommesse illegali. Parte dei guadagni di questi business, afferma la Dda, finiva nelle casse del clan dei Casalesi attraverso Raffaele Letizia. L’indagine, due settimane fa, ha spinto il Tribunale di Napoli a emettere nove misure cautelari.
Gli intestatari dei bar che, secondo l’Antimafia, sono riconducibili a Losapio e Di Bona non sono stati raggiunti da alcun provvedimento restrittivo. Tutti gli inquisiti sono da considerarsi innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
I NOMI. Scommesse clandestine e gioco d’azzardo: misure per 9 legati…
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