Lotta alle mafie, il comandante dei carabinieri a ‘Cronache’: “Fidatevi di noi, denunciate”

CASERTA – Sostenere che le mafie in Terra di Lavoro siano ferme, inermi o addirittura a un passo dall’estinguersi, significa affermare il falso. E dare forza a un messaggio del genere è pericoloso: rischia di agevolarle. “Va fatta una contro-narrazione: le mafie sono ancora attive”: e dire che ci sono, per il colonnello Manuel Scarso, guida del comando provinciale dei carabinieri di Caserta, è il primo step per affrontarle, arginarle e provare a debellarle. “Non uccidono più, non incendiano auto, non fanno saltare le saracinesche dei negozi. Ma le organizzazioni malavitose sono tuttora radicate nel territorio. E il loro attuale dinamismo, a mio avviso, rende proprio la macrocriminalità uno dei principali problemi della provincia”.
Un dinamismo che non fa rumore. Le cosche, tra gli anni Novanta e gli inizi del Duemila, erano riuscite a militarizzare il casertano. E con le loro azioni lo terrorizzavano. Ma lo Stato ha reagito. Inquirenti e forze dell’ordine con enorme impegno sono stati in grado di metterle all’angolo e fermare i massacri che generavano. Ma adesso che si sono inabissate…
Serve un approccio investigativo diverso. Prima seguivamo gli uomini. Adesso per combattere le mafie seguiamo il denaro.
E immagino che sia più complicato.
Si tende ancora ad immaginare che la lotta alle mafie che conduciamo sia come quella degli anni Novanta. Ma non è così. In passato erano le estorsioni a certificare l’attivismo della criminalità in un territorio. Adesso invece è dato da altri elementi.
Quali?
Destano sospetto, ad esempio, le aperture di grosse aziende quando la loro presenza non corrisponde a una reale necessità del territorio che le ospita.
Cioè?
Mi riferisco a quelle imprese che sono ‘anomale’ rispetto a quella che è la vera domanda. Perché allora nascono? Per fare riciclaggio. Ci sono market con 10 casse: entri e vedi che ne funziona solo una. Caserta ha un accesso al credito bassissimo. Ma come raccolta di denaro è una delle province italiane dove si registrano i numeri più alti.
E se ci sono soldi ‘sporchi’ significa che ci sono mafie. Ha detto che il fenomeno estorsivo, così come avevamo imparato a conoscerlo nei decenni scorsi, è in diminuzione. Ma alcuni criminali di peso che recentemente hanno riacquistato la libertà, dopo aver trascorso tanto tempo in cella, hanno ripreso a taglieggiare imprenditori e negozianti.
Ma in pochissimo tempo sono stati arrestati. Si sono mostrati ancorati a vecchie logiche e per noi è stato facile fermarli.
Quel cash flow che ai clan veniva garantito dal pizzo adesso come è stato sostituito?
Con le rapine, i furti e lo spaccio di droga. Sono queste le condotte illecite che portano liquidità alle cosche. E sono anche le condotte che generano quella che chiamiamo microcriminalità.
E il suo agire è più visibile rispetto a quello ‘diretto’ delle mafie.
Genera nei cittadini un forte senso di insicurezza. Ma solo combattendo la macrocriminalità riusciamo a capire realmente quali di queste azioni violente siano fenomeni slegati dalle logiche mafiose. Determinare la natura del delitto è importante per stabilire come affrontarlo.
Tornando alla piaga della droga, una delle realtà dove il fenomeno dello spaccio, sostanzialmente in mano a gang di extracomunitari, ha assunto dimensioni preoccupanti è Castelvolturno. E lì i suoi militari stanno investendo tante energie. Ed hanno pure già ottenuto importanti risultati.
Se sul Litorale lo smercio di droga è arrivato ad avere numeri imponenti è perché è in grado di attirare soggetti che comprano droga provenienti non solo da ogni parte della provincia casertana, ma anche da altre regioni.
E per quale motivo?
Per il costo. Viene venduta a prezzi inferiori rispetto ad altre realtà. E i criminali attivi a Castelvolturno ci riescono perché rinunciano a ‘servizi’ che in altre zone, per spacciare, sono indispensabili. La manovalanza, perlopiù fatta di extracomunitari, viene pagata con pochi soldi. E, per come si svolgono le modalità di smercio di narcotici, non è neppure necessario per i malviventi che gestiscono il traffico sul Litorale investire in vedette.
Ma chi vende stupefacenti sul Litorale sfrutta canali di approvvigionamento propri?
Spesso si rivolgono alla criminalità napoletana, ma nella gestione della vendita di droga sono autonomi.
Adesso Castelvolturno ha una tenenza.
Avevamo capito che con due stazioni avere un controllo coordinato del territorio era faticoso. Accorpandole siamo riusciti ad efficientare le unità a nostra disposizione sul Litorale.
Castelvolturno a parte, l’Arma ha problemi di numeri?
Per alcuni anni abbiamo registrato mancati arruolamenti che, inevitabilmente, hanno portato i comandi a poter contare su un quantitativo di militari minore rispetto a quello di cui ne avevano bisogno. Ma da diverso tempo, ormai, l’Arma ha ripreso ad arruolare. Logicamente si tratta di procedure che vanno scaglionate. Non si può assumere nello stesso periodo tutta la forza lavoro di cui si ha bisogno. Ciò genererebbe difficoltà nell’azione di formazione e creerebbe una classe che terminerebbe la carriera nello stesso periodo.
Queste nuove mafie silenziose, poco visibili, stanno dimostrando grande abilità nell’inserirsi nelle pubbliche amministrazioni.
La provincia di Caserta è composta perlopiù da piccoli Comuni. Come dicevo, in questi territori la presenza delle cosche è forte. Le organizzazioni criminali incidono sul tessuto sociale. E i politici, a volte, alla ricerca di voti, decidono di scendere a patti con questi personaggi mafiosi.
E una volta stretto il patto, una volta eletti, devono poi pagare dazio.
E il dazio lo paghi con gli affidamenti diretti o dando appalti alle poche aziende, apparentemente pulite, che partecipano alle gare.
Al netto dei casi in cui è il politico ad avvicinare il mafioso, ci sono contesti, come recenti vostre indagini hanno già documentato, dove sono gli imprenditori a cercare amministratori o funzionari del Comune con la speranza di inserirsi nel giro di appalti pubblici. E solo in secondo battuta l’uomo d’affari, ottenuto il lavoro, riconosce al mafioso una percentuale.
Vero. Per impedire che condotte del genere si ripetano, a mio avviso è necessario l’esempio. L’indagine che porta alla condanna del politico o del funzionario infedele deve poter contare sulle giuste casse di risonanza per far capire al cittadino che i carabinieri ci sono. Che chi si è macchiato di un reato è stato individuato.
È alla guida del comando provinciale dei carabinieri di Caserta dal settembre 2022. Ha avuto modo, quindi, di conoscere abbastanza bene il territorio. La sua carriera tra qualche anno la porterà altrove. C’è qualcosa che vorrebbe lasciare in eredità a Terra di Lavoro?
Più fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Abbiamo chiuso nel 2023 un’indagine sul gruppo Bidognetti dove è stato accertato un alto numero di estorsioni. E non c’era neppure una denuncia sporta alle forze dell’ordine da parte delle vittime. Altro dato: in provincia abbiamo solo 3 denunce per usura in un anno. Quando ci impegniamo per far pubblicizzare le nostre operazioni è per dimostrare ai cittadini che i carabinieri ci sono. Che la risposta dello Stato arriva. E nel farlo speriamo di convincere chi ha un problema, chi subisce un torto, chi assiste a un illecito, a recarsi da noi e denunciare. Chi lo farà non sarà lasciato solo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome