ROMA – Una giornata passata sull’ottovolante, con spin discordanti che danno l’immagine plastica di un Movimento diviso e logorato dal calo dei consensi. E’ il giorno della verità per Giuseppe Conte, che ruota attorno all’incontro con il suo successore a palazzo Chigi, Mario Draghi. E’ passata una settimana dopo la ‘quasi’ rottura a fronte delle dichiarazioni di Domenico De Masi, che avrebbe rivelato dei messaggi che il premier avrebbe inviato a Beppe Grillo chiedendo di rimuove Conte perché “inadeguato”. Il tema sul tavolo dello studio di Draghi è stato affrontato – filtra – ma sull’esito lo stesso leader pentastellato preferisce il secco ‘no comment’. Gli attriti personali lasciano insomma il passo alle richieste e soprattutto alla condivisione di un “disagio” tutto in casa 5Stelle. Sofferenza già palpabile in mattinata quando sembra prevalere la linea ‘governista’, poi la smentita quando Conte varca il portone di palazzo Chigi. “La permanenza al Governo del M5S dipende dalle risposte concrete, nei fatti, che verranno date ai vari punti delle nostre richieste”, trapela al termine del Consiglio Nazionale. Quasi una minaccia che poi alla fine si scioglie come neve al sole. La base ribolle, soprattutto in Senato dove l’esecutivo dei migliori sembra soffocare gli oltranzisti che avrebbero voluto una linea “univoca, che invece non c’è stata”, rivela un parlamentare. E il malcontento lo raccoglie Alessandro Di Battista: “Intanto anche i più irriducibili sostenitori del Movimento, gli ultimi giapponesi direi, si domandano come sia stato possibile ridurre la più grande forza politica del Paese nella succursale della pavidità e dell’autolesionismo”. Il passionario ex M5S, pronto a rientrare se ci fosse stato lo strappo, colpisce di fioretto: “E anche oggi il Movimento 5 Stelle esce dal governo domani. Esprime a Draghi il proprio disagio, come se uno dei peggiori Presidenti del Consiglio della storia fosse un prete nel confessionale. Chissà, magari il Movimento uscirà dal governo dopo l’estate, quando i parlamentari avranno maturato la pensione”.
Intanto Conte si presenta di fronte all’ex capo della Bce con una lettera lunga sette pagine con all’interno nove punti (pubblicata anche sul sito del Movimento) per avvisare che “i prossimi passaggi politici saranno cruciali” per la permanenza o meno dei grillini nell’esecutivo di unità nazionale, “per pretendere adesso un segnale di forte discontinuità”. Insomma, per il momento nessuno strappo, come avrebbe voluto l’ala più agguerrita di un Movimento sempre più diviso. Per avere però un indizio sulla capacità di tenuta della linea governista forse non si dovrà attendere a lungo. La fiducia posta dal governo alla Camera sul Dl Aiuti rappresenta infatti il primo passaggio parlamentare post incontro Draghi-Conte. E se a Montecitorio potrebbe alla fine verificarsi un via libera da parte dei deputati grillini alla fiducia e un’astensione sul provvedimento (al cui interno figurano anche le norme su Superbonus, inceneritore di Roma e reddito di cittadinanza) al Senato lo stesso non si potrà fare. Come si comporteranno i Cinquestelle a Palazzo Madama, dove si respira un malcontento maggiore rispetto a Montecitorio? Tra le ipotesi circolate c’è quella di non far mancare i numeri al governo, dando però un segnale magari con un tot di assenze mirate.
In attesa di capire come si muoverà la truppa pentastellata, Conte mette sul tavolo del premier le richieste del Movimento evidenziando il fatto che “c’è stata spesso indifferenza rispetto alle nostre legittime richieste”. “Non si può nascondere che il processo politico e la collocazione nel governo, hanno pesato sul nostro elettorato. Lo hanno sfibrato e anche eroso”, scrive l’avvocato pugliese, specificando però che “mai le ragioni di convenienza di parte e le valutazioni elettorali hanno offuscato in noi la priorità assoluta del bene dell’Italia”. Il senso di responsabilità verso il Paese e verso le future generazioni, prosegue Conte, “ci impone di rivendicare con sempre maggiore forza le nostre idee e le nostre convinzioni contro la guerra, per la pace e il disarmo espresse, da ultimo, con infinito coraggio e troppa solitudine da Papa Francesco”.
Il riferimento alle armi inviate all’Ucraina apre la parte del documento in cui Conte elenca i temi cari al M5s, quelli su cui si attendono da Chigi “posizioni chiare e risolutive”. In cima alla lista spicca la misura bandiera del Reddito di cittadinanza. “Non possiamo più accettare di stare in una maggioranza che, in molte sue componenti, rivolge attacchi pretestuosi e strumentali a questo minimale sistema di protezione sociale”, avvisa Conte aggiungendo che “non siamo disponibili a considerare ulteriori restrizioni ancora più penalizzanti” e chiedendo a Draghi “un chiarimento definitivo, che ponga fine alle continue polemiche, del tutto irricevibili”. Subito dopo ecco il salario minimo, rilanciato anche dal garante Beppe Grillo sul suo blog (“la nostra battaglia di civiltà, non possiamo più aspettare, c’è bisogno di una legge”). Nel documento trovano poi spazio Decreto dignità, scostamento di bilancio per aiutare famiglie e imprese, taglio del cuneo, cashback fiscale, transizione ecologica e tutela dell’ambiente. E non manca ovviamente il Superbonus, con la richiesta di introdurre “con la massima urgenza” una soluzione in grado di sbloccare le cessioni dei crediti. Soluzione che si è cercato fino all’ultimo di inserire proprio nel Dl Aiuti per calmare le acque, che invece restano agitate sia nella maggioranza sia nel Movimento.
(LaPresse)