MILANO – Aventino sì o no. Il presidente del M5S, Giuseppe Conte, sfoglia la margherita in una giornata lunghissima. E alla fine si decide per il sì. “Non votiamo, usciamo dall’Aula”, questa la linea che il leader pentastellato conferma nella riunione dei gruppi parlamentari, rimarcando: “Il nostro documento non è un elenco di bandierine”. Il verdetto arriva dopo lunghe ore di confronto. Si parte con una riunione del Consiglio nazionale al via alle 9, andata avanti per diverse ore, poi interrotta dalla telefonata con il premier Mario Draghi e, quindi, ripresa intorno alle 19.30 con un nuovo confronto in Cn nella sede di Campo Marzio, a Roma. E non finisce qui, perché in serata alla Camera si tiene la congiunta dei parlamentari.
Il giorno della resa dei conti per il Movimento e, di riflesso, anche per le sorti del governo è vicino, perché ormai mancano poche ore al voto sul dl Aiuti, che arriva giovedì in Senato, e rischia di avere un effetto deflagrante sull’esecutivo. Anche perché – elemento non trascurabile – a Palazzo Madama la fiducia e il parere espresso sul provvedimento non sono scissi, come accaduto lunedì a Montecitorio, quando il Movimento ha votato la fiducia, appunto, ma si è astenuto sul decreto, con l’eccezione di Francesco Berti, che oggi ha deciso di dire addio al gruppo del M5S alla Camera per entrare in Insieme per il futuro, la nuova creatura di Luigi Di Maio. Che è tornato a scagliarsi contro gli ex compagni di avventura: “La stabilità è un valore in Italia e in Europa ma per qualcuno è un disvalore”.
Conte, di certo, in una giornata vissuta sulle montagne russe, può gioire almeno in parte per la decisione del Tribunale di Napoli. Che ha rigettato il ricorso presentato da alcuni attivisti del Movimento 5 Stelle, i quali chiedevano la sospensione dello statuto M5S e dell’elezione del presidente, votati dagli iscritti a marzo scorso. E la telefonata con Draghi, descritta come interlocutoria, è stata l’occasione per lui di tornare a parlare dell’agenda di governo e dei famosi 9 punti che tanto hanno fatto discutere. Ma è il fronte interno quello più caldo. D’altronde, è tutta una questione di falchi e colombe. La parte più oltranzista del Movimento spingerebbe per uscire definitivamente dall’esecutivo, mentre una parte ancora spera che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chieda a Mario Draghi di verificare se esista o meno ancora una maggioranza.
Questa l’ultima occasione per mantenere M5S dentro il governo.
(LaPresse/Luca Rossi)