M5S, Conte: “Doppio mandato? Politica non è mestiere”. Sì a cannabis, ora legge sull’eutanasia

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse Nella Foto: Giuseppe Conte

ROMA – Il Movimento 5 Stelle si prepara alla campagna sui referendum. E Giuseppe Conte torna in sella dopo essere stato disarcionato dall’ordinanza del Tribunale di Napoli. In attesa che i giudici si pronuncino sul ricorso presentato dai legali pentastellati, l’ex premier bypassa le carte bollate e si risiede al capotavola del Movimento, con un’assemblea congiunta per tracciare la linea del suo partito.

Tema su cui dimostrare che la sua leadership è politica è la campagna referendaria su giustizia, eutanasia e cannabis, su cui ha intenzione di coinvolgere anche la base, magari con un voto online. Già nella riunione preparatoria di ieri con i capicommissione, Conte aveva esposto la necessità di ragionare per non schierarsi su tutti gli argomenti dalla parte del no. Ma senza rinunciare alle battaglie che i Cinquestelle hanno già avviato in Parlamento.

Mentre il leader (temporaneamente tornato ‘in pectore’) parla, però, arriva dalla Consulta la notizia dell’inammissibilità del quesito sul fine vita. Ma non sembra un ostacolo insormontabile. La carta da giocare è il testo firmato dal presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, Mario Perantoni.

“Ora quindi dobbiamo correre più decisi, sollecitare le altre forze politiche per portare avanti il nostro progetto”, dice a deputati e senatori. Ai quali lascia anche un’altra consegna: “La grande partecipazione che c’è stata, il grande coinvolgimento della popolazione sulla raccolta delle firme impone all’intero Parlamento di sedersi con noi e discutere”, per “dare una risposta al Paese, perché quelle firme non possono rimanere lì, gettate al vento. Occorre una forte reazione del Parlamento”. Secondo l’ex presidente del Consiglio “è un imperativo morale, politico e sociale”.

Sulla cannabis, invece, la linea è ben chiara: “Il quesito mi sembra abbastanza consonante” con la posizione del Movimento, e questo “ci spinge ad abbracciare convintamente questo quesito referendario”. Anche se, specifica, “la strada maestra è quella di una disciplina organica, articolata”. Perché “ci aspettano settimane di dibattito, bisogna afferrare certi concetti. Ad esempio il quesito non distingue tra maggiorenni e minorenni, questa potrebbe essere una sensibilità sociale abbastanza diffusa e condivisa, quella di fare delle differenziazioni e di non consentire ai minorenni la coltivazione delle piante di cannabis. Nel nostro testo questa distinzione c’è”.

Oltre ai referendum, sul tavolo di Conte c’è anche il dossier governo. In particolare la ‘battaglia’ che aspetta il M5S sul Superbonus, dopo i fendenti sferrati la scorsa settimana dal premier, Mario Draghi. Per il leader pentastellato “non ci può essere un casus belli per una misura che che è stata trainante per la crescita economica: non ci si può vantare del 6,5% di Pil appena completato l’anno scorso e poi mettere in discussione questa misura, alla quale di deve per gran parte questo risultato”. Dunque, “se ci sono delle frodi da contrastare siamo in prima linea, ma non mettiamo in discussione una norma che ha fatto crescere il settore delle costruzioni che era disastrato”.

Con l’esecutivo c’è aperta anche la questione Green pass, ma è più parlamentare: perché cresce il fronte interno che vorrebbe l’abolizione della misura con la fine dello stato di emergenza (sulla carta il 31 marzo prossimo). Anche con toni decisi, al punto che ci sono state scintille tra Gabriele Lorenzoni e il capodelegazione M5S al governo, Stefano Patuanelli, durante la riunione di ieri sera dei deputati con il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri.

Sullo sfondo resta anche la partita interna. Per ora c’è uno stand by nel confronto con Luigi Di Maio, mentre non si ferma il dibattito sul terzo mandato, che crea sempre discrete fibrillazioni nel mondo Cinquestelle. Per Conte “non è una novità” che Beppe Grillo sia contrario alla deroga, ma assicura: “Ne discuteremo”. Sottolineando che “la posizione del garante avrà un grande rilievo in questa valutazione”.

A suo parere “il principio ispiratore di questa regola ha assolutamente un valore identitario per il Movimento. La politica non è una professione, è un servizio, una vocazione. E per esserlo deve essere necessariamente temporaneo, altrimenti è un mestiere e questo non lo vogliamo”. Come recita il detto: a buon intenditor, poche parole.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome