Roma, 11 mar. (LaPresse) – Un silenzio che fa rumore. Il giorno dopo la presentazione del ‘Manifesto Controvento’ di Rousseau, nel Movimento 5 Stelle non si muove foglia per commentare. Il presidente dell’Associazione, Davide Casaleggio, si materializza a Roma per una serie di incontri, ma non con il capo politico, Vito Crimi, né – riferiscono fonti interne ai Cinquestelle – con il prossimo leader, Giuseppe Conte. Di cui ha un’immagine positiva: “Credo che il Movimento debba continuare ad essere inclusivo verso tutte le esperienze e persone di valore, e Conte è sicuramente una di queste”. Per Casaleggio jr l’importante è “mantenere il metodo di partecipazione dal basso come caratteristica distintiva”. Senza dimenticare i principi della genesi pentastellata, come il limite dei due mandati: “Non credo sia un problema del M5S. Anzi, è un valore che lo ha sempre contraddistinto e che permette di mantenere il ricambio necessario per poter far partecipare direttamente i cittadini nelle istituzioni. È stato un tema ribadito anche dagli iscritti agli scorsi Stati generali”.
Questi punti, però, rientrano in una sfera squisitamente politica, dunque nelle competenze dell’ex premier, a cui Beppe Grillo ha deciso di affidare le chiavi di ‘casa’. Ecco perché con Rousseau la storia non sembra avere grandi sbocchi futuri. Di sicuro una trattativa esiste, ma perché il figlio del co-fondatore rivendica gli arretrati dei contributi dei parlamentari per il funzionamento della piattaforma: una cifra che si aggira sui 450mila euro a cui non può e non vuole rinunciare. Anche se, con molta probabilità, sarà una sorta di ‘liquidazione’. O almeno questo è il senso che una parte consistente delle truppe vorrebbe dare al negoziato con Rousseau. Segnali inequivocabili che ormai la spaccatura è insanabile, o quasi. Tra i portavoce, infatti, c’è chi vuole comunque riservare una piccolissima percentuale di possibilità che il rapporto si trasformi quantomeno in un accordo di servizio.
Un altro capitolo che resta aperto nella galassia Cinquestelle è quella relativa agli espulsi, che potrebbero avere le prime risposte ai ricorsi presentati agli organi giurisdizionali di Camera e Senato entro un paio di mesi, quando dovrebbero essere fissate le udienze per discutere delle istanze di sospensione delle sanzioni. Per il legale che assiste 11 dei portavoce messi alla porta dai gruppi parlamentari, Daniele Granara, è “incomprensibile, oltre che inammissibile, che chi ha sempre criticato i passaggi da un partito all’altro imponga a qualcuno del suo gruppo di cambiare casacca. E’ una sorta di trasformismo alla rovescia. Così si passa dalla critica al cambio di casaccia all’imposizione della ‘camicia di forza’”.
Infine, resta aperto il capitolo del dissenso nella base. A partire dal Lazio, dove Beppe Grillo e Vito Crimi hanno dato il via libera all’entrata del Movimento nella giunta di Nicola Zingaretti. Anche se prima ci sarà un’ultima votazione degli iscritti “appena sarà possibile”, spiega il capo politico. Una decisione che il gruppo ‘Coordinamento Parola agli attivisti’ vuole contestare con una protesta lunedì prossimo, dalle ore 15 alle 19 in Piazza Oderico da Pordenone, davanti al palazzo della Regione. Per dire no “a un’alleanza calata dall’alto, dopo Umbria, Puglia e l’ingresso nel governo Draghi”. Zona rossa permettendo, ovviamente.