PALERMO – Finiscono in cella i nuovi boss di Belmonte Mezzagno, il mandamento alle porte di Palermo dove negli ultimi anni si è sparato di più, dove in tre anni si contano tre morti e un ferito grave, dove Cosa nostra non sembra essere uscita da logiche e modus operandi della mafia corleonese. Questa mattina i carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Palermo hanno eseguito nove misure cautelari in carcere firmate dal gip su richiesta del pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo Paolo Guido. I nove arrestati, fra cui Agostino Giocondo considerato il boss del gruppo, devono rispondere di associazione mafiosa, porto e detenzioni di armi clandestine e ricettazione aggravati dal metodo mafioso.
Tra i fermati il custode dell’arsenale del boss
Oltre che il ruolo di reggente della famiglia di Belmonte Mezzagno, Agostino Giocondo, arrestato questa mattina dai carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Palermo insieme ad altri otto presunti affiliati al clan, era il custode dell’arsenale della famiglia mafiosa che più ha sparato e ucciso negli ultimi tre anni, uccidendo tre persone e ferendone gravemente una quarta. Gli inquirenti lo hanno accertato durante la lunga attività di intercettazione degli indagati.
Dell’arsenale dei boss i carabinieri questa mattina ne hanno sequestrato solo una piccola parte, un fucile da caccia marca Winchester cal. 12 con matricola parzialmente punzonata e un revolver cal. 38 special Smith & Wesson con matricola abrasa. La pistola, provento di una vecchia rapina, è stata sequestrata mentre uno degli indagati cercava di venderla a soggetti palermitani, configurando così anche il reato di ricettazione.
L’indagine è nata da tre omicidi
L’indagine che ha portato ai nove arresti per associazione mafiosa di questa mattina, eseguiti dai carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo nei confronti di Agostino Giocondo e altri otto presunti affiliati al clan, nasce dalle investigazioni sugli ultimi tre omicidi nel territorio del mandamento di Belmonte Mezzagno. Una scia di sangue iniziata nel gennaio del 2019, dopo gli arresti dei boss del 2018. Oltre due anni di indagine hanno confermato la piena operatività di Cosa nostra a Belmonte Mezzagno, che nell’ultimo triennio è stato teatro dei più eclatanti fatti di sangue dell’intera provincia di Palermo, immortalando un contesto territoriale caratterizzato da uno spietato ricorso alla violenza ed all’uso delle armi.
Nel gennaio 2019 moriva in un agguato Vincenzo Greco, ucciso nella sua auto da diversi colpi di pistola. Nel maggio dello stesso anno veniva ritrovato cadavere di Antonio Di Liberto, un commercialista crivellato di colpi nel vialetto di casa mentre era alla guida della propria autovettura. Nel dicembre 2019 l’agguato più spettacolare, in pieno centro a Belmonte Mezzagno, all’ora di cena. Giuseppe Benigno alla guida di un suv veniva affiancato da due soggetti a bordo di uno scooter che gli sparavano contro 9 colpi d’arma da fuoco, di cui solo due lo ferivano alla spalla sinistra. Benigno riusciva a fuggire riuscendo a raggiungere il pronto soccorso dell’Ospedale Civico di Palermo. Nel febbraio 2020 infine l’ultimo omicidio, quello di Agostino Alessandro Migliore, fratello di Giovanni Migliore, ritenuto uomo d’onore della famiglia di Belmonte Mezzagno e oggi in carcere. Anche lui venne colpito mentre usciva di casa.
Arrestato anche il fruttivendolo del clan
Fra i nove arrestati per mafia a Belmonte Mezzagno (Palermo) dai carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo del capoluogo siciliano c’è anche un commerciante di frutta, finito anche lui in carcere questa mattina, che secondo i magistrati della Dda era organico alla famiglia mafiosa. Il fruttivendolo, sfruttando la forza di intimidazione dell’appartenere a Cosa Nostra, avrebbe influenzato la libertà di iniziativa economica locale, limitando la possibilità di esercizio ad aziende concorrenti. Questo con l’aiuto di Agostino Giocondo. Questi avrebbe coordinato l’attività nei settori tipici di controllo di Cosa Nostra, curando il mantenimento dell’ordine pubblico sul territorio e adoperandosi – in modo paritetico ad altri sodali oggi arrestati – per la risoluzione di svariate controversie tra privati, in alternativa allo Stato. In particolare, risulterebbe essersi attivato per il sostentamento dei detenuti della famiglia di Belmonte Mezzagno e per la restituzione della refurtiva asportata ad un commerciante.
(LaPresse)