Mafia: chiuse le indagini dell’operazione ‘Medoro’, indagate 27 persone

Nella mattinata odierna, la Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Milano sta procedendo alla notifica di un avviso di conclusione indagini, nei confronti di numerosi indagati

Foto Daniele Leone / LaPresse

MILANO – Nella mattinata odierna, la Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Milano sta procedendo alla notifica di un avviso di conclusione indagini, nei confronti di numerosi indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacente ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso. È stata anche eseguita un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di alcune persone, ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di estorsione, anche aggravata dal metodo mafioso, e cessioni di sostanza stupefacente.

In particolare, i Carabinieri del Ros, con i comandi provinciali carabinieri di Milano, Monza, Reggio Calabria e Vibo Valentia, hanno notificato l’avviso di conclusione indagini a 27 persone al termine di una complessa ed articolata inchiesta, denominata “Medoro”, avviata, sotto il coordinamento della Dda di Milano nella primavera del 2018. L’indagine condotta dal Ros che ha riguardato un gruppo mafioso radicato in Lombardia e, in particolare, nella provincia di Milano, alleato e collegato alla cosca di ‘ndrangheta facente capo alla famiglia Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia).

Dalle indagini è emerso che è stata documentata l’esistenza, sul territorio di Milano, di un gruppo criminale di matrice ‘ndranghetista, caratterizzato dallo stabile collegamento con la famiglia dei Mancuso di Limbadi, alla quale alcuni degli indagati sono legati da vincoli di stretta parentela. Il gruppo criminale avrebbe commesso un numero indeterminato di reati, che spaziano dal narcotraffico alle attività estorsive e di recupero credito tramite violenze e minacce.

La famiglia di ndrangheta ha anche dimostrato la capacità di estendere la propria forza di intimidazione anche al di fuori dall’Italia, in particolare, nelle Isole Baleari.

Tra le attività più redditizie del gruppo figura anche il narcotraffico.

L’ascolto di innumerevoli conversazioni tra presenti, ha permesso di far emergere – nonostante le cautele adottate dagli indagati – l’esistenza di un’attività strutturata per lo spaccio di droga. Le acquisizioni investigative, insieme ai riscontri degli investigatori, danno uno spaccato quantomai completo e soddisfacente del complesso ed articolato traffico di stupefacenti condotto dagli arrestati che ha smerciato quasi 100 kg di droga – ben 72 di hashish, 18 di marijuana, nonché quasi mezzo kg di cocaina – e programmatoe progettato l’importazione di quasi 2 tonnellate di hashish, per un volume di affari complessivo nell’ordine di centinaia di migliaia di euro.

Il gruppo era anche attivo nel recupero crediti. “Si tratta di vere e proprie estorsioni, caratterizzate· dall’adozione di comportamenti e schemi tipici delle organizzazioni di tipo mafioso – si legge in una nota, firmata dal procuratore di Milano Marcello Viola – che si concretizzano in intimidazioni tese, da un lato, a coartare la volontà dei debitori, costringendoli a corrispondere quanto preteso, e dall’altro a costringere gli stessi creditori a sottostare alle imposizioni ricevute, con riguardo – in primis – al compenso per il loro intervento. Alcune delle condotte contestate sono state commesse nelle Isole Baleari, dove gli indagati hanno esportato il proprio know how criminale, offrendo il ‘servizio’ di recupero crediti ad imprenditori locali ed espandendosi nel settore della sicurezza dei locali notturni”. Oggi è anche stata eseguita anche un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di quattro persone in quanto ritenuti autori, a vario titolo, dei reati di estorsione, anche aggravata dal metodo mafioso, e cessione di sostanza stupefacente.

L’ indagine attivata dalla Dda di Milano permetteva di identificare un’avvocatessa che, secondo i pm, “ritenendo di vantare un credito di oltre 40mila euro nei confronti di un imprenditore, non esitava a rivolgersi a tre persone rispettivamente facenti parte e o contigui a Cosa Nostra siciliana, ‘Ndrangheta calabrese e Sacra Corona Unita” che in più occasioni hanno messo in atto “pesanti minacce, intimidazioni ed appostamenti nei confronti della vittima per obbligarla alla restituzione della somma asseritamente dovuta maggiorata del ‘compenso’ per il loro intervento”. In particolare, le attività svolte dalla Squadra Mobile consentivano di dimostrare che la donna si era rivolta ad una persona contigua alla nota famiglia di mafia Fontana, che appartiene a Cosa Nostra siciliana. L’uomo ha sollecitato a sua volta, l’intervento di un altro complice già emerso dall’attività del carabinieri che si è qualificato come un Mancuso della ‘ndrangheta calabrese e un uomo della Sacra Corona Unita che, pur essendo detenuto, è riuscito a trasmettere, tramite whatsapp “messaggi fortemente intimidatori anche con il supporto di foto di micidiali armi da guerra”.

Le indagini tecniche hanno dimostrato l’esistenza di un allarmante scenario che ha indotto i pm della Dda milanese ad intervenire a tutela dell’imprenditore minacciato. Su disposizione del gip è stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di tre degli indagati, mentre per il quarto veniva applicata la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Le operazioni, tuttora in corso, vedono coinvolte decine di donne e uomini dell’Arma dei carabinieri impegnati in numerose perquisizioni su tutto il territorio nazionale, nonché personale della Polizia di Stato in collaborazione con le Squadre Mobili di Napoli, Sassari e Siracusa, nonché personale del Reparto Prevenzione Anticrimine di Milano, con il supporto delle unità cinofile dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato.

(LaPresse)

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