Mafia, Dda Lecce: il capo clan Briganti impartiva ordini dal carcere

Nonostante fosse in carcere per scontare una condanna, avrebbe continuato a impartire direttive per la gestione di una serie di attività, dal traffico di droga alle estorsioni

LECCE – Nonostante fosse in carcere per scontare una condanna, avrebbe continuato a impartire direttive per la gestione di una serie di attività, dal traffico di droga alle estorsioni. È quanto emerge dall’inchiesta della Dda di Lecce, chiamata Game Over, che oggi è sfociata nell’esecuzione di 17 arresti per associazione mafiosa, traffico di droga e armi, con riferimento alla figura di Pasquale Briganti, detto Maurizio, ritenuta a capo dell’omonimo clan di stampo mafioso, attivo tra Lecce e la provincia e riconducibile alla Sacra corona unita.

Le indagini sono state avviate nell’estate del 2019 e sono andate avanti con l’ausilio di intercettazioni in aggiunta ai servizi di osservazione. Dalle conversazioni intercettate è emerso che Briganti, ristretto in un carcere di una regione del centro Italia, avrebbe affidato ad alcuni familiari e a persone ritenute fidate una serie di disposizioni anche per la prosecuzione dei rituali di affiliazione alla Sacra corona unita.

“Il clan si sarebbe occupato direttamente dell’acquisto di droga prevalentemente dall’Albania dello stoccaggio e della suddivisione, prima della consegna finale ai vari pusher per la destinazione sulle piazze di spaccio, cittadine e della provincia”, spiega la questura di Lecce a conclusione dell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale leccese, Marcello Rizzo su richiesta della pm Giovanna Cannalire.

(LaPresse)

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