Un pizzino ‘cercati l’amico buono’ e una bottiglia con liquido infiammabile erano i segnali chiari della richiesta estorsiva del clan Laudani condotte da Salvatore e Francesco Sangani e Samuele Portale. Era questo il modus operandi utilizzato dal clan Laudani per le estorsioni, come emerso dalle indagini della Dda di Catania, nell’operazione ‘Terra bruciata’ con la quale è stata disarticolata la cosca mafiosa della famiglia Sangani.
I carabinieri sono riusciti a rilevare una dinamica estorsiva che persisteva da lungo tempo, intercettando un soggetto insospettabile, subito dopo aver riscosso circa € 4.000 da un imprenditore randazzese. Quest’ultimo, in passato, era già stato vittima di pressanti richieste e di una serie di danneggiamenti.
I Sangani avevano un controllo, capillare e asfissiante, di solide attività economiche, anche attraverso l’imposizione di assunzioni di alcuni sodali del clan in quelle ditte. Così come era particolare il controllo del territorio esercitato dagli affiliati, i quali, dopo il passaggio delle forze dell’ordine, avrebbero chiesto alle persone del paese i motivi della presenza delle stesse acquisendo dettagliate informazioni al riguardo.
(LaPresse)