VILLA DI BRIANO – Sarebbe stato pronto ad investire in nuove società e in imprese già avviate “per ripulire i soldi del clan”: è l’accusa che il brianese Francesco Della Corte, collaboratore di giustizia, ha rivolto al suo compaesano Salvatore Maisto ‘o russo. Informazioni che l’ex affiliato avrebbe appreso direttamente da Maisto e che, una volta intrapresa la strada del pentimento, ha messo nero su bianco in un memoriale inviato alla Dda di Napoli ben dieci anni fa. “Mi disse che lui era disposto a finanziare ingenti somme, ricavando il tasso di interesse – si legge nel manoscritto -, quindi a scopo di usura, ma pure intenzionato ad entrare in ditte già esistenti, per così pulire i soldi del clan. Me ne parlò spudoratamente. Poi – continua il documento – ho avuto modo di appurare che codesto individuo stava dicendo la verità, che addirittura era anche in rapporti di parentela con Damigiana”. Il pentito si riferisce a Dante Apicella, conosciuto nell’Agro aversano proprio con il nomignolo di Damigiana: è un imprenditore di Casal di Principe, già condannato nel processo Spartacus per associazione mafiosa e dallo scorso maggio di nuovo in cella perché, secondo la Dda, ha continuato a muoversi nel mondo degli affari, dopo aver scontato la pena incassata, favorendo le attività del clan dei Casalesi.
Damigiana, ha scritto Della Corte nel memoriale, “è persona legatissima alla famiglia Schiavone. […] Maisto mi disse che faceva l’imprenditore edile per conto di Damigiana”.
Il testo, firmato dal pentito brianese, in mano alla Dda di Napoli dal 2012, è stato ritenuto utile adesso dagli inquirenti per puntellare l’indagine tesa a smantellare la presunta rete di imprese che proprio Apicella avrebbe messo in piedi con lo scopo di infiltrarsi, in nome del clan, negli appalti pubblici banditi da svariati Comuni della Campania. Inchiesta che, accorpata al filone su Nicola Schiavone ‘o munaciello e sul fratello Vincenzo ‘o trick, lo scorso maggio ha portato cautelarmente (tra domiciliari e carcere) Damigiana e altre 33 persone agli arresti. Per i destinatari dell’ordinanza cautelare e per altri 34 che erano stati indagati a piede libero è già stata avanzata richiesta di rinvio a giudizio.
Maisto non è coinvolto nell’indagine sull’ipotizzato sistema Apicella (non risponde di alcun reato collegato alla mafia), ma è presente in quella, ancora in corso, che tira in ballo i fratelli e costruttori Francesco, Luigi e Ubaldo Caprio ritenuti responsabili, dalla Procura di S. Maria Capua Vetere, di aver organizzato un’associazione criminale in grado di accaparrarsi, con un giro di mazzette, numerosi lavori pubblici. E Maisto avrebbe fatto parte della pattuglia di imprenditori che affiancava i Caprio in queste ipotizzate operazioni illecite.
Clan dei Casalesi e logge segrete. Schiavone legato alla Colonna traiana