ROMA – Nelle pieghe dell’accordo con Bruxelles è saltata l’annunciata sterilizzazione delle clausole Iva per il 2020 e il 2021, mentre rimane confermata quella del 2019. Un compromesso che ha fatto scatto subito scattare l’allarme. Se non venissero trovate le risorse per disinnescarle – come è stato fatto finora, scatterebbero aumenti per 23 miliardi complessivi nel 2020 e quasi 29 miliardi nel 2021. Con l’aliquota intermedia dell’Iva che passerà dal 10 al 13% dal 2020. Mentre l’aliquota ordinaria dal 22 al 25,2% nel 2020. Ma il governo assicura: l’imposta non aumenterà.
I provvedimenti inseriti nella manovra
Dal suo insediamento, l’esecutivo gialloverde ha sempre ribadito di non voler toccare l’Iva e anzi si era impegnato ad affrontare il problema. Non solo il prossimo anno ma anche quelli successivi. Nella risoluzione di maggioranza al Def approvata lo scorso 19 giugno, il Parlamento impegnava il governo “ad assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco della clausole di salvaguardia inerenti l’aumento delle aliquote Iva e delle accise su benzina e gasoli”.
Preoccupa l’aumento dell’Iva
Messaggio recepito. Nella nota di aggiornamento al Def – approvata il 26 settembre – il governo aveva indicato di ritenere “opportuno intervenire sulle clausole di salvaguardia contenute nella Legge di Bilancio 2018. Neutralizzando completamente quelle relative al 2019 e parzialmente quelle riguardanti il 2020 e 2021”. E si annunciava che “nel Programma di Stabilità 2019 sarà presentato un piano di intervento volto a sostituire le residue clausole di salvaguardia con interventi di riduzione della spesa e di potenziamento dell’attività di riscossione delle imposte”.
Nella sua audizione in Parlamento dello scorso 10 ottobre, il ministro dell’Economia Giovanni Tria aveva citato tra le misure espansive della manovra la disattivazione parziale delle clausole di salvaguardia, con un impatto “sul tasso di crescita del Pil di +0,2 punti percentuali nel 2019 e 2020 e -0,2 nel 2021”.
Le rassicurazioni del vicepremier Salvini
Nella prima versione della legge di bilancio, dunque, la parziale sterilizzazione ‘bloccava’ gli aumenti totali a 13,6 miliardi e 15,5 miliardi. Ora, invece, per il 2020, di 12,2 miliardi di euro in misure presentate dal governo italiano sul piatto per Bruxelles, 9,4 miliardi sono salvaguardie sull’Iva, cui si aggiungono 13,1 miliardi per il 2021.
“Non l’abbiamo aumentata quest’anno, e non l’aumenteremo il prossimo anno”, ha assicurato il vicepremier leghista Matteo Salvini, mentre il collega pentastellato ha bollato le voci allarmistiche come “sciocchezze” perché “le clausole di salvaguardia si attivano se non tornano i conti ma i conti torneranno”.
L’escamotage tecnica e le aspettative per il 2020
Ancora più chiaro il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti: “Le clausole di salvaguardia sull’Iva sono sempre state fatte. E’ un escamotage contabile praticato ormai da decenni che l’Europa, rendendosi conto della rigidità di questi numeri che sono stati imposti, in qualche modo acconsente. Non c’è niente di strano, non mi straccerei le vesti”.
Il 2020 “sarà un’altra storia , un’altra manovra, altre negoziazioni, altre pagine da scrivere – ha aggiunto – se tutto venisse come scritto nei libri degli economisti non avremmo problemi nel mondo, staremmo tutti bene e con redditi altissimi. Purtroppo gli economisti spesso non ci beccano”.
(Lapresse/AWE)