ROMA – Mentre il Senato della Repubblica vota no all’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini sul caso Diciotti, il comandante della nave Mare Jonio della Ong Mediterranea, Pietro Marrone, viene iscritto nel registro degli indagati. Marrone è stato iscritto dal procuratore aggiunto della Procura di Agrigento Salvatore Vella e dal sostituto Cecilia Baravelli, in questo momento a Lampedusa. I due stanno coordinando l’inchiesta aperta per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” sullo sbarco dei 49 migranti salvati dalla Mare Jonio. I magistrati in giornata inizieranno a sentire i componenti dell’equipaggio.
Al vaglio dei magistrati le comunicazioni via radio tra militari e Ong
Il sequestro dell’imbarcazione è stato convalidato questa mattina dal procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, mentre il sequestro probatorio era stato disposto in nottata dalla Guardia di finanza. Al vaglio della magistratura le comunicazioni radio tra il comandante della Gdf e della Ong: il comandante aveva intimato alla nave della Ond di non fare in ingresso in acque italiane e di non avvicinarsi al porto di Lampedusa. Tanto aveva fatto discutere, sul fatto di specie, il tweet di Salvini che chiedeva l’arresto dell’equipaggio. Richiesta vuota in quanto nessuno, tranne l’autorità giudiziaria, può autorizzare sequestri e arresti.
Salvini dribbla il processo, Di Maio snatura il Movimento
E proprio nelle ore in cui viene indagato il capitano della Mare Jonio, il Senato ha votato contro l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini sul caso Diciotti. Decisivi i voti del Movimento 5 Stelle che così facendo abbandona definitivamente uno dei suoi cavalli di battaglia. Quell’avversione tanto sbandierata nei confronti di ogni forma e sorta di immunità, definito per anni privilegio della casta a suon di cori “onestà, onestà”. Ma la questione è anche politica. Perché se Salvini è riuscito a non farsi processare, non senza qualche difficoltà dato che il gesto è sembrato un voler dribblare un processo anche per timore delle conseguenze, lo deve a Luigi Di Maio. Siamo di fronte all’ennesimo caso in cui il capo politico pentastellato rincorre il suo partner leghista, in questo caso evitandogli un processo snaturando completamente uno dei valori storici su cui si è sempre fondato il Movimento.