ROMA – “In Italia è ‘sos’ spiagge libere. Ci sono troppe concessioni balneari: toccano quota 12.166”. Questo quanto emerge dal nuovo rapporto di Legambiente ‘Spiagge 2022’, diffuso a pochi giorni dall’approvazione del Ddl Concorrenza che pone finalmente fine alla proroga infinita alle concessioni balneari fissando l’obbligo di messa a gara dal primo gennaio 2024. Ora lancia cinque proposte, e chiede subito la definizione dei decreti attuativi e l’approvazione nella prossima Legislatura di una legge per spiagge libere.
Tra i nodi da risolvere – spiega Legambiente – “la scarsa trasparenza sull’affidamento in concessione, i canoni irrisori e l’assenza di un regolare censimento sul numero di stabilimenti presenti sul demanio marittimo”. Pesa anche “l’erosione costiera e l’inquinamento delle acque”.
Guardando in avanti, dopo il via libera al Ddl Concorrenza, Legambiente chiede “subito i decreti attuativi”, e propone che “nella prossima Legislatura si approvi una legge nazionale per garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge”, oltre a “un quadro di regole certe che premino sostenibilità ambientale, innovazione e qualità”.
Inoltre Legambiente presenta un pacchetto di cinque proposte che vanno dal garantire il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge a premiare la qualità dell’offerta nelle spiagge in concessione, dal ristabilire la legalità e fermare il cemento sulle spiagge al definire una strategia nazionale contro erosione e inquinamento, fino a un Piano per l’adattamento dei litorali ai cambiamenti climatici.
Sulle difficoltà di trovare “una spiaggia libera pesano un mix di fattori: la crescita in questi anni delle concessioni balneari che toccano quota 12.166, l’aumento dell’erosione costiera che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose, con i tratti di litorale soggetti ad erosione triplicati dal 1970, e il problema dell’inquinamento delle acque che riguarda il 7,2% della costa sabbiosa interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento.
Quanto alle concessioni, “in alcune regioni troviamo dei veri e propri record a livello europeo, come in Liguria, Emilia-Romagna e Campania, dove quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari. Nel Comune di Gatteo, in provincia di Forlì e Cesena, tutte le spiagge sono in concessione, ma anche a Pietrasanta (Lu), Camaiore (Lu), Montignoso (Ms), Laigueglia (Sv) e Diano Marina (Im) siamo sopra il 90% e rimangono liberi solo pochi metri spesso in prossimità degli scoli di torrenti in aree degradate”.
Per il 2020 – osserva Legambiente – “le previsioni definitive sull’ammontare dei canoni parlano di 104,8 milioni di euro in totale in Italia, ma di una cifra accertata di 94,8 milioni, di cui 92,5 milioni riscossi. Si tratta di un decremento del 12% rispetto al 2019. I dati della media 2016-2020 parlano di entrate accertate per 103,9 milioni di euro annui, con 97,5 milioni riscossi. A vedere questi numeri, senza confronto rispetto al giro d’affari del settore, sembra quasi che allo Stato non interessino i canoni delle spiagge”.
Anche quest’anno nel rapporto ‘Spiagge 2022’ si segnalano le buone pratiche contro l’erosione costiera per la gestione dei litorali e poi alcune storie di stabilimenti che puntano su un’offerta green e di qualità. Tra queste, la Sardegna con il riforestamento della Posidonia nel Golfo degli Aranci, il Piano Comunale delle Coste di Lecce che prevede tra i vari aspetti il monitoraggio permanente dell’erosione costiera, la protezione e ricostruzione dei cordoni dunali, la trasformazione degli edifici degradati in strutture leggere.
LaPresse