ARZANO – “E’ una cosa delicata. Ho difficoltà a dirlo. Ho avuto rapporti con un maresciallo della caserma dei carabinieri di Arzano, al quale ho fatto molti regali e mi ha detto anche quando dovevano arrestarmi, mi ha addirittura detto il nome della dottoressa che voleva arrestarci ma nessun giudice voleva firmare”. A parlare così agli inquirenti è stato Pietro Cristiano, alias Pierino, uomo di fiducia degli Amato-Pagano sul territorio di Arzano per anni, fino all’ascesa al potere del figlio Pasquale, detto Pickstick. Entrambi, oggi, sono passati a collaborare con la giustizia. Cristiano ha parlato di Giuseppe Improta, luogotenente dei carabinieri di Aversa arrestato con l’accusa di aver agito per il clan (CLICCA QUI PER LEGGERE).
“Ho incontrato Improta una volta ad un bar di fronte all’ospedale di Aversa. Io ero accompagnato da questa sua persona di fiducia, Aldo Bianco, che gestiva uno scasso. Improta era molto diffidente e passava molte volte prima di incontrarci anche per accertarsi che non fossimo pedinati da forze dell’ordine o che gli avessimo teso una trappola. Aldo Bianco alcune volte mi ha fatto ascoltare delle registrazioni, non so se messaggi vocali o telefonate registrate, nelle quali Improta gli rinfacciava di averlo imbrogliato perché riteneva che avessi consegnato più soldi di quelli che gli aveva poi dato. Quando ho detto di avergli fatto un sacco di regali intendevo proprio la consegna di somme di denaro. La maggior parte delle volte ho consegnato il denaro a Bianco all’interno” di un bar o in una pompa di benzina “dopo la rotonda verso Casandrino”.
“Consegnavo tra i 2mila e i 3mila euro – ha aggiunto Cristiano – Lui mi aveva fatto vedere le medicine del figlio, che erano molte, nel cofano della macchina e diceva di doverle comprare. Questo rapporto è andato avanti dal 2016 fino al mio arresto. Però so che i Monfregolo hanno continuato a pagarlo, prevalentemente Mariano. E una cosa che ho appreso nei due mesi in cui sono stato ad Arzano dopo la mia scarcerazione a maggio 2020. A conoscenza dei miei rapporti con il maresciallo Improta sin dall’inizio erano mio figlio Pasquale e Giuseppe Monfregolo, che non lo hanno mai incontrato che io sappia, tranne ovviamente in occasione di perquisizioni e controlli, poi la voce si è sparsa nel clan”. Cristiano si è mostrato pienamente a conoscenza delle trame criminali arzanesi. “Durante la latitanza Giuseppe Monfregolo ha detto al fratello Mariano di continuare a mantenere il rapporto con il maresciallo Improta. Voglio precisare che mi avvisò prima dell’arresto del 2018. Ad agosto e settembre del 2017 mi avvisò della denuncia. Una settimana prima ci avvisò che dovevamo essere arrestati, mio figlio sottovalutò la cosa mentre invece Giuseppe Monfregolo scappò per fare la latitanza. E’ stato Aldo Bianco a comunicarmi dell’arresto su incarico di Improta. Quando sono uscito, Mariano mi ha detto che loro hanno continuato a pagarlo tramite Aldo Bianco”.
Anche Pasquale Cristiano, si diceva, si è pentito dopo il blitz che, nell’aprile di tre anni fa, ha di fatto smantellato la mala locale:
“Quanto a eventuali rapporti con forze dell’ordine tenuti da me o da altri esponenti del clan, abbiamo avuto rapporti con il maresciallo Improta, che prestava servizio ad Arzano. All’inizio i rapporti li ha avuti mio padre e io non ero d’accordo perché non mi fidavo di lui perché nella mia mentalità, io che facevo la malavita non potevo avere rapporti con le forze dell’ordine e temevo che potesse fare il doppio gioco. Mio padre ci ha avuto rapporti tramite un tale Aldo del quale non ricordo il cognome, perché anche il maresciallo Improta non si fidava di mio padre. Io non sopportavo neppure Aldo. Aldo diceva che il maresciallo Improta rispettava mio padre e a volte diceva che dovevano fare delle perquisizioni delle quali non dovevamo preoccuparci. Mio padre non si fidava tanto e a volte questo Aldo chiamava iImprota in sua presenza. lo continuavo a non fidarmi e a non volerci avere rapporti. Improta ci informava se veniva presentata qualche denuncia e diceva che la avrebbe tenuta nel cassetto. Mio padre iniziò a fargli regali, vestiti o bottiglie, ma lui non voleva questi regali, ma solo soldi”.
Ma Pickstik, all’inizio, non ne voleva sapere di ‘collaborare’ con una divisa: “Io continuavo ad essere diffidente e dicevo a mio padre che doveva incontrarlo lui. So che si sono incontrati più di una volta ad Aversa, so che mio padre con cadenza mensile gli consegnava soldi e a volte quando facevamo i conteggi io non volevo dargli i soldi e mio padre ce li ha messi di tasca sua. E’ stato dal 2015 fino al 2018. Poi io sono stato detenuto. Una volta uscito, nel 2020, mi hanno fatto un controllo per la piscina abusiva che avevo fatto a casa e io discussi con i carabinieri e il maresciallo Improta, attraverso mio padre, mi diceva di svuotare la piscina per risolvere la questione. Poi mio padre ha avuto un altro incontro con Improta che gli ha ribadito che dovevo svuotare la piscina e aggiunse che c’era una telecamera a via Ferrara. In quel periodo mio padre stava sempre alla pompa dell’Esso dove lo incontrava. In precedenza, quando ero sorvegliato speciale, nel 2016, dovevo ricevere la notifica del provvedimento del ‘libretto rosso’ e lui lo aveva tenuto fermo per quasi un mese e mi fu notificato solo perché ebbi un controllo dai carabinieri di Napoli la notte di Santo Stefano. Loro rilevarono qualcosa e mi portarono in centrale e chiamarono Arzano. In quel periodo era andato via il tenente Pecoraro. Quando andai per la notifica, Improta mi mostrò il libretto dicendo che lo aveva già da un mese e che era stato costretto a farmi la notifica perché mi ero fatto fermare a Napoli.
Sempre nello stesso periodo, fino al 2018, ci informava, tramite Aldo, del fatto che dovevano fare perquisizioni o operazioni ‘alto impatto’. Dopo sei o sette mesi dall’applicazione della sorveglianza speciale, poteva essere metà luglio, lui disse a mio padre che mi avrebbe mandato a chiamare ma non dovevo preoccuparmi perché si trattava della revoca della sorveglianza speciale. Lui, dopo avermi portato nell’ufficio del tenente, mi fece salire in un ufficio al piano di sopra, mi notificò il provvedimento, mi fece discorsi strani sulle difficoltà che avevano affrontato lui e la sua famiglia, prese un foglio, disse ‘questa è la notifica ed è un piacere che ti sto facendo perché mi assumo la responsabilità di dire che sei un bravo ragazzo’. Io gli dissi che avevo bisogno dei documenti perché volevo fare un fine settimana in Spagna, lui disse che avrebbe voluto mandare il figlio in Spagna e aggiunse ‘non ti dimenticare di Aldo’ e fece con le dita il gesto per indicare il numero due, io dissi ‘bene, mandiamo vostro figlio in Spagna, non mi dimentico’ e lui disse che lo avrebbe voluto mandare a Madrid. Uscito dalla caserma contattai Aldo, facendolo rintracciare fuori alla caffetteria, lui è venuto nelle palazzine e gli ho consegnato i soldi”. E poi ancora: “Dietro la 167 c’è un’isola ecologica e il maresciallo Improta informò mio padre che si potevano dare posti di lavoro e, quindi, era anche al corrente degli appalti e dei lavori ad Arzano. Quando non ci siamo stati noi i rapporti, secondo me li hanno i tenuti i Monfregolo”.