ROMA – Il bis di Mattarella non può essere derubricato a una pagella dei leader o a una scarna divisione tra vincitori e vinti, per l’alto profilo della persona e del politico, ma anche per quello che ha rappresentato in sette anni di mandato per l’Italia e per gli italiani.
La rielezione del presidente in carica, tuttavia, lascia le ossa rotte soprattutto al fronte delle coalizioni, in vista poi delle modifiche evocate con forza all’indomani della proclamazione dal Partito democratico alla legge elettorale. E fa emergere nei partiti già indeboliti da divisioni interne, tutte le loro fragilità.
Il centrodestra è imploso, mettendo in luce con tutta la sua forza prorompente la rivalità tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini, in una partita che vale forse più consensi di una intera campagna elettorale. Lo dice chiaro Ignazio La Russa: “Non è stato un king maker perché come ha detto Giorgia Meloni, come fai ad essere un king maker di un king che c’era già”. Insomma la coalizione aveva tutte le carte in regola per giocarsela facendo da catalizzatore e il leader della Lega poteva far prevalere quel ruolo di guida e invece si è fermato agli annunci shock.
Un “cortocircuito mediatico”, sentenzia Enrico Letta su nomi – come Amato, Casini, Cartabia, Severino, Belloni – sui quali “ognuno di noi avrebbe dovuto fare verifiche per capire le possibilità di un’intesa. Poi quello che è accaduto, venerdì pomeriggio, ha bloccato tutto: Salvini è uscito” con la dichiarazione su un presidente donna “e il cortocircuito mediatico ha bloccato il dibattito e reso evidente che solo la rielezione di Mattarella avrebbe portato ad una soluzione”. E’ tuttavia nella coalizione che la tensione sale alle stelle.
Meloni al contrattacco dopo la giravolta della Lega su Mattarella bis
“Il centrodestra ne esce a pezzi. Avevamo l’occasione vera di eleggere per la prima volta un presidente della Repubblica che rappresentasse la maggioranza degli italiani che votano centrodestra e che non hanno potuto mai esprimere un presidente della loro area politica e culturale”, scandisce. Per poi lanciare la bordata al leghista che aveva tra le mani il pallino della trattativa: “Il centrodestra va rifondato, rifatto da capo: da oggi lavoro io per ricostruirlo”.
Non è d’accordo Mara Carfagna: “Non so se questa coalizione è finita” ma il “populismo sì”, è “finita l’illusione di governarla dettando la linea politica sui social e confrontandosi più con i follower che con dirigenti e parlamentari”. Salvini resta silente, dopo la settimana lunghissima tra i palazzi della politica della Capitale, l’unica cosa che filtra da via Bellerio è che nei prossimi giorni convocherà il Consiglio Federale della Lega.
“All’ordine del giorno, anche una profonda riflessione sul centrodestra dopo quanto successo a proposito di Quirinale e i troppi voti mancati per la Presidente Casellati. Salvini intende ragionare sul futuro della coalizione (con chi è sinceramente interessato), per costruire un progetto di medio-lungo termine”, filtra dal partito.
Insomma il Capitano rimanda il fallimento dall’altra metà del campo con i maggiori imputati che sono i grandi elettori di Forza Italia e Coraggio Italia. Salvini sa benissimo che chiusa la partita del Colle dovrà recuperare terreno nell’assetto di governo, con l’incognita legge elettorale evocata oggi dal segretario del Pd. Con il Rosatellum, è il ragionamento di molti leghisti, “la coalizione ha un senso, se dovesse cambiare in senso proporzionale dovremmo attrezzarci per correre da soli”.
E se nella Lega si attende la prova muscolare con Mario Draghi, nel Movimento 5Stelle le due anime che lo compongono vengono fuori con tutta la loro prorompente diversità. Giuseppe Conte, come Salvini, è sotto attacco per come ha condotto la trattativa per il Quirinale e soprattutto per quell’ombra che lo vedrebbe seduto su due tavoli separati – Carroccio e Pd – che non ha portato i risultati sperati.
Letta smentisce qualsiasi “accordo preventivo” gialloverde su Belloni, ma all’attacco va l’avversario in casa, Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri rilancia la necessità di “aprire una riflessione politica” e tra le righe bacchetta lo stesso Conte: “Alcune leadership hanno fallito, hanno creato tensioni. Invece noi dobbiamo lavorare per unire”.
Secca e piccata la replica dell’ex premier
“Se Di Maio ha delle posizioni le chiarirà, perché lui era in cabina di regia, come ministro l’ho fatto partecipare. Chiarirà i suoi comportamenti, ma non a Conte, agli iscritti”. La riflessione, rimarca “l’ho chiesta prima io. Il Movimento non è Conte e non è Di Maio, è una comunità di iscritti che partecipa attivamente. È giusto render conto sempre del nostro operato e confrontarsi internamente”.
A stretto giro la l’attacco di Di Maio: “Decisioni in cabina di regia? Non si è mai parlato di fare annunci roboanti su presunti accordi raggiunti con Pd e Lega, oggi smentiti anche dal segretario dem Letta. Non si provi a scaricare le responsabilità su altri. È chiaro che ci sono diversi aspetti che vanno chiariti”.