Di Dario Borriello
ROMA (LaPresse) – “Chi oggi non reagisce, domani sarà giudicato complice“. Matteo Renzi sceglie la linea dell’attacco per difendersi dal fuoco di fila del Movimento 5 Stelle contro il suo governo. L’invettiva di Luigi Di Maio, non è andata giù all’ex premier.
“Il ministro dello Sviluppo economico dice che il suo è il primo governo a non aver preso soldi da Benetton o società Autostrade. E che Benetton non gli ha pagato la campagna elettorale. Falso. Vedendo le carte scopriamo che io non ho preso un centesimo né per la Leopolda, né per le nostre campagne elettorali. E ciò significa che Di Maio è un bugiardo. E uno sciacallo“. Perché “si scopre che Autostrade ha finanziato la Lega e il presidente del Consiglio Conte è stato legale di Aiscat, la società dei concessionari di autostrada. L’avvocato del popolo diventa all’improvviso l’avvocato delle autostrade“.
Renzi sfida i suoi avversari
“La concessione è stata prorogata nel 2017, seguendo le regole europee, altro che leggina approvata di notte“, spiega. Rivelando che fu deciso l’allungamento di quattro anni “dal 2038 al 2042, in cambio di una fondamentale opera pubblica. La Gronda, l’opera che avrebbe decongestionato anche il ponte Morandi“. Un’opera che il suo governo voleva, a differenza dei 5 Stelle “che nel 2014 con il genovese Beppe Grillo volevano bloccarla ‘anche usando l’esercito‘”. E “nel 2012 definivano ‘favoletta’ l’ipotesi del crollo del ponte“. Secondo l’ex segretario, per il Pd “fondamentale è che Autostrade paghi“, ecco perché boccia senza mezzi termini la linea del governo. “Parlare di revoca significa regalare ad Autostrade 20 miliardi e la possibilità di tirarsi fuori dai lavori di rifacimento delle opere“. Oltretutto, con un “balletto” che definisce “molto strano” al punto da “richiamare sicuramente l’attenzione della Consob“.
Nel mirino di Renzi finisce anche il capo del governo
“È incredibile che un uomo di legge come Conte possa dire ‘non aspettiamo i tempi della giustizia’ (poi uno si stupisce se gli stranieri smettono di investire in Italia)”. E al ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, lancia il guanto di sfida: “Abbia il coraggio di venire in aula la settimana prossima“. Una linea condivisa da tutto il partito. Per il segretario Maurizio Martina “ora servirebbero unità e responsabilità, non propaganda e falsità“.
Durissimo l’attacco di Marianna Madia, ministro della Funzione pubblica dei governi Renzi e Gentiloni: “Adesso basta. È molto squallido lo spettacolo mostrato dall’esecutivo” che “sta ribaltando i principi fondanti di uno Stato di diritto“. Mentre il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, annunciando che i dem depositeranno “un disegno di legge per istituire una commissione d’inchiesta speciale su infrastrutture e grandi opere“, chiede che nei prossimi giorni Toninelli “venga a riferire in Senato sui tragici fatti di Genova“. Richiesta fatta propria anche dal deputato Michele Anzaldi, che ha scritto al presidente della Camera, Roberto Fico, “perché valuti la possibilità di riaprire Montecitorio” per l’audizione del titolare del Mit.
Al momento resta alla finestra Forza Italia, che chiede di affidare al governatore della Liguria, Giovanni Toti, il ruolo di commissario per la ricostruzione e invita a istituire una commissione di inchiesta sulle infrastrutture italiane. L’unico a ‘rompere il silenzio’ è Paolo Romani: “I geniali specialisti di infrastrutture. La politica del no a qualsiasi costo. No Gronda, No Tav, No Tap, No Vax, No Triv porterà il Paese al degrado ed al disastro. Un piccolo particolare: questi signori governano l’Italia“.