Milano, 7 mar. (LaPresse) – La guardia di finanza di Ancona e Macerata ha smatellato un’organizzazione criminale specializzata nelle frodi nel settore dei carburanti. I finanzieri hanno scoperto una maxi frode fiscale di circa 120 milioni di euro. Sei persone sono finite agli arresti domiciliari su disposizione del gip del Tribunale di Macerata, mentre in totale sono 25 le persone indagate. Disposto il sequestro di beni per 22 milioni di euro. L’operazione, denominata ‘Drago Nero’, è stata coordinata dal Procuratore della Repubblica di Macerata, Giovanni Giorgio. Alle prime ore dell’alba, le Fiamme Gialle, con l’impiego di oltre 60 militari, hanno dato esecuzione ai provvedimenti restrittivi della libertà personale. Le persone poste agli arresti domicliari sono residenti due nelle Marche, uno in Puglia, uno in Campania e due coniugi domiciliati a Roma. Sono tutti operanti nella commercializzazione dei prodotti petroliferi. L’inchiesta, partita nell’estate del 2015, ha portato all’esecuzione di decine di perquisizioni e sequestri documentali nelle sedi societarie e presso le abitazioni delle persone a vario titolo coinvolte, sparse nelle regioni Marche, Lazio, Abruzzo, Campania Puglia e Lombardia. La complessa ramificazione societaria, costituita ad hoc per ostacolare l’accertamento della frode, con la compartecipazione di un elevato numero di persone, aveva base decisionale a San Severino Marche, in provincia di Macerata.
Lo schema della frode fiscale, una delle più ampie e articolate mai scoperte negli ultimi anni nel settore dei prodotti petroliferi, prevedeva che il carburante effettuasse due ‘viaggi’ differenti: un ‘viaggio fisico’, con cui il prodotto, partendo dall’estero a mezzo di autobotti, raggiungeva direttamente i depositi di stoccaggio a San Severino Marche (MC), Cava de’ Tirreni (SA), Capriva del Friuli (GO), Fiumicino (RM), Mirano (VE) e Monselice (PD), per poi essere velocemente inviata presso i distributori stradali. Un secondo viaggio ‘cartolare’, illegale e molto più tortuoso di quello fisico, ma fiscalmente vantaggioso. Il carburante, infatti, veniva ceduto a tre società formalmente ubicate in Bulgaria e nella Repubblica Ceca, ma gestite dai membri dell’organizzazione criminale, per poi essere fatturato a società italiane (complessivamente 7 società italiane più una società svizzera avente domicilio fiscale in Italia), le quali non versavano l’imposta dovuta, pur incassandola dai clienti finali. Infine, il carburante veniva venduto a distributori stradali, alcuni dei quali collegati direttamente ai membri dell’organizzazione. La frode ha interessato oltre 133 milioni di litri di carburante, proveniente essenzialmente dalla Slovenia. Il fine era quello di abbassare artificiosamente il prezzo finale del prodotto alla pompa, attraverso la creazione di società irregolari che sistematicamente omettevano gli obblighi dichiarativi e il versamento delle imposte all’Erario.