ROMA – Il nuovo scontro interno alla maggioranza si gioca sull’immigrazione. Stavolta a sfoderare la sciabola, però, è il Movimento 5 Stelle, ancora irritato dalle accuse di Matteo Salvini al ministro della Difesa. A colpire l’alleato è il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, che toglie il freno a mano e parte sparato: “Se ti senti Maradona e poi giochi come un Higuain fuori forma, è un serio problema, perché di mezzo c’è il Paese”. L’esponente pentastellato è un fiume in piena, tanto da rinfacciare al ministro dell’Interno che il suo pugno, poi, in fin dei conti, non è mica così duro: “Nelle ultime ore abbiamo assistito alla fiera dell’ipocrisia, tutto il mondo concentrato sui 54 migranti della Mediterranea, mentre nella notte ne erano già sbarcati più di 70 a Lampedusa con piccole imbarcazioni”. Ecco perché chiede “dai colleghi di governo, soprattutto, un po’ di rispetto”.
I toni contro Trenta
A Di Stefano non sono andati giù modi e toni utilizzati contro Elisabetta Trenta. Ma forse è il metodo utilizzato dal segretario leghista nella gestione dei flussi migratori, a non convincerlo: “Perché nessuno ha pensato di mettere un punto? Forse è per lo stesso motivo per cui è stato rifiutato l’aiuto della Difesa? Forse c’è qualcuno che finge di combattere un problema ma in fondo vuole che tutto resti com’è perché gli porta consenso? Svegliatevi. Svegliatevi tutti”. I Cinquestelle da tempo pressano sugli alleati di governo perché passi un loro emendamento al decreto Sicurezza bis, che prevede la confisca immediata delle imbarcazioni che entrano nelle acque territoriali italiane violando la legge. “La sicurezza delle nostre coste non è uno scherzo – sbotta Di Stefano -. Non sono le interviste o le comparsate in tv a risolvere l’emergenza, serve giocare da squadra, serve fare le cose”.
La presa di posizione del sottosegretario ha fatto letteralmente imbufalire i leghisti: “Di Stefano è ignorante, si trasferisca in Venezuela e lasci perdere l’Italia, che è un Paese serio. Gli sbarchi sono calati dell’85%, ignorante”. Un clima che rischia di espandere la tensione fino al vertice sulle autonomie, in programma lunedì 8 luglio a Palazzo Chigi. Dopo le timide aperture pentastellate dei giorni scorsi, Salvini ha solo voglia di stringere quanto più è possibile i tempi, visto che i governatori del nord (Attilio Fontana in Lombardia e Luca Zaia in Veneto, soprattutto) sono diventati sempre più pressanti e ormai non riescono più a nascondere l’insofferenza, che poi è quella del tessuto sociale dei rispettivi territori. A questa partita il vicepremier tiene moltissimo e sa che deve far ricorso a tutta la sua “pazienza da pescatore” per non compromettere l’iter della riforma.
Tria fa contenta la Lega
Così come non molla di un centimetro sulla flat tax. E il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sembra avviato a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda del Carroccio: “Se c’è una cosa a cui veramente credo è la riduzione dell’Irpef, soprattutto per le classi medie”, dice a ‘Repubblica’, spiegando di pensare a “una riduzione delle aliquote e un accorpamento degli scaglioni”. Un progetto che non cozza con l’idea del suo sottogretario, Massimo Bitonci: “Applicare un’aliquota ridotta del 15% sull’incremento di reddito maturato da un anno all’altro, in pratica meno tasse sulla ricchezza aggiuntiva”. Sullo sfondo, però, restano sempre i nodi principali da sciogliere: il prossimo commissario europeo alla Concorrenza (Salvini vorrebbe Giancarlo Giorgetti), ma soprattutto superare la data del 20 luglio senza crisi di governo, altrimenti si andrebbe a votare a settembre. Solo dopo il ‘d-day’ si parlerà davvero di conti e legge di Bilancio.
(Lp – Dario Borriello)