ROMA (LaPresse) – “Non possiamo andare avanti senza trovare un riparo per queste persone”. Questo il messaggio disperato del capitano della Nuestra Madre Loreto, peschereccio spagnolo che ha salvato 12 migranti da un naufragio lo scorso 23 novembre. Da allora sono tutti in mare, perché il capitano si rifiuta di riportare i naufraghi in Libia, dove hanno subito abusi e torture.
Le condizioni dei 12 migranti
“Nei loro corpi i segni delle torture subite. Preferiscono la morte al tornare in Libia”, scrivono i volontari su Twitter. Una sola persona è scesa a terra: si tratta di un ragazzo in stato di incoscienza, portato nella serata di venerdì a Malta d’urgenza con un elicottero.
Le navi di Open Arms, Sea-Watch e Mare Jonio dell’Operazione Mediterranea stanno fornendo assistenza da oltre una settimana alle persone a bordo del peschereccio, che però sono tutte sempre più debilitate e spossate, mentre l’equipaggio è esausto. Ora la situazione si è aggravata a causa di un brutto temporale in arrivo.
L’appello del capitano della Nuestra Madre Loreto
“Non possiamo continuare a navigare da nord a sud, da est a ovest per sfuggire al maltempo, senza una risposta”, ha dichiarato il capitano della Nuestra Madre Loreto che chiede ai Paesi del Mediterraneo di aprire un porto per far sbarcare i migranti che ha salvato dalla morte.
Il primo Stato ad essere stato contattato è stato la Spagna, che aveva coordinato dall’inizio la richiesta di soccorso dei pescatori lo scorso 23 novembre, essendo la loro imbarcazione con bandiera spagnola. Ma anche Roma e Malta sono state informate. Da nessuno il capitano ha ricevuto risposta.