ROMA – Un intervento a gamba tesa, che rientra nel pacchetto ‘schermaglie’ ormai sempre più intense in vista delle elezioni Europee, con i due partiti ai ferri corti. Luigi Di Maio invade nuovamente le competenze di Matteo Salvini e sui migranti stuzzica pesantemente l’alleato di governo. “Chiudere un porto è una misura occasionale, risultata efficace in alcuni casi quando abbiamo dovuto scuotere l’Ue”, rileva il titolare del Mise. Ma di fronte a un acuirsi della crisi migratoria bisogna “prepararsi in modo più strutturato, a livello europeo, nel rispetto del diritto internazionale”.
Parole che arrivano subito alle orecchie del Capitano, che da Monza non nasconde il suo disappunto, per usare un eufemismo. “Rispetto il lavoro del collega Di Maio che si occupa di lavoro. Ma sui temi di controllo dei confini e di criminalità organizzata sono io a decidere”, sostiene Salvini. Che taglia corto: “Se i ministri Di Maio e Trenta la pensano in modo diverso lo dicano in Consiglio dei ministri e faremo una franca discussione. I porti con me rimangono indisponibili chiusi e sigillati ai trafficanti di esseri umani”.
Salvini è un fiume in piena, è nervoso, tanto da abbandonarsi a un annuncio/sfogo: “Sono stato iscritto a giudizio per un altro reato, un altro sequestro di persona che avrei commesso dal 24 al 30 gennaio 2019 a Siracusa. Il procuratore Carmelo Zuccaro mi comunica questa cosa”. Si tratta del caso Sea Watch, su cui Zuccaro ha già chiesto l’archiviazione. E che potrebbe trasformarsi nel secondo atto della ‘Diciotti’, con la richiesta di autorizzazione a procedere trasmessa in Parlamento. Salvini però non dà segni di cedimento: “Per me i porti restano e resteranno chiusi. Possono aprire altri 18 procedimenti penali nei miei confronti, non cambio idea e non cambio atteggiamento”.
Anzi, il vicepremier va ancora all’attacco dell’omologo pentastellato: “Il ministro Di Maio si occupa di lavoro e di sviluppo economico e non mi permetto di dargli lezioni su come risolvere le centinaia di crisi aziendali che sono ferme sul suo tavolo. Ma chiedo altrettanto rispetto, di ordine pubblico, sicurezza e difesa dei confini me ne occupo io. Penso di averlo fatto bene in questi dieci mesi, se qualcuno dei miei colleghi non è d’accordo lo dica, con la differenza che io ci metto la faccia e rischio personalmente”. Dal titolare del Mise, in missione negli Emirati arabi, nessuna replica, ma parlano i suoi. “È curiosa la posizione del ministro dell’Interno – filtra dal Movimento – Quando teme di essere processato dice che le cose si fanno insieme, quando invece è in campagna elettorale dice che decide da solo sui porti. Hai capito Salvini…”.
Intanto i 5Stelle si compattano sul tema dei migranti e Di Maio trova il sostegno oltre che del ministro Elisabetta Trenta anche del presidente della Camera, Roberto Fico. “I rifugiati non possono essere respinti, coloro che scappano da una guerra non possono essere respinti. Questo è il diritto internazionale, quindi mi sembra davvero scontato. E’ il diritto e così è”, insiste. Sul tema Libia e risvolti flussi migratori chi ha il cosiddetto dente avvelenato.
“Oggi vedo che la Lega e qualche movimento di estrema destra sono partiti all’attacco della sottoscritta. Posso invitarli tutti da me, al ministero, così gli spiego un po’ di diritto internazionale e magari capiscono cosa possono produrre i loro toni aggressivi sulla Libia”, tuona. Trenta ha poi sottolineato il “paradosso” che “gli stessi che gridano alla guerra, dalla Lega a Fdi, sono gli stessi che fanno propaganda sui migranti”. Insomma, il ministro sostiene che Salvini e Meloni “non hanno capito che alzando i toni come fanno rischiano solo di destabilizzare ulteriormente la situazione. Provocando così loro, per primi, nuovi flussi migratori verso l’Italia”.
Donatella Di Nitto (LaPresse)