Migranti, proteste a confine: Ungheria conferma condanna per terrorismo

Un tribunale d'appello ungherese ha confermato la controversa condanna per terrorismo di un cittadino siriano. Questo per il suo ruolo nelle proteste al confine nel 2015, riducendo la sua pena da sette a cinque anni di carcere.

Szeged (Ungheria), 20 set. (LaPresse/AFP) – Un tribunale d’appello ungherese ha confermato la controversa condanna per terrorismo di un cittadino siriano. Questo per il suo ruolo nelle proteste al confine nel 2015, riducendo la sua pena da sette a cinque anni di carcere. La procura aveva accusato Ahmed Hamed di aver usato un megafono per orchestrare le violenze e lanciare pietre contro la polizia, per costringerla ad aprire il confine con la Serbia, nel settembre 2015. Il 41enne, che aveva vissuto per circa un decennio a Cipro, era stato inizialmente condannato a 10 anni di carcere secondo le leggi antiterrorismo. La condanna fu annullata lo scorso anno dalla stessa corte d’appello di Szeged.  Durante il nuovo processo a marzo, Hamed, che è stato in carcere per tre anni, è stato di nuovo dichiarato colpevole e condannato a sette anni di carcere e all’espulsione dal Paese per 10 anni.

la decisione

La sentenza finale conferma la colpevolezza, ma il giudice ha stabilito che Hamed debba scontare almeno due terzi di cinque anni di carcere, incluso il tempo già trascorso in cella. Ha rilevato circostanze attenuanti, come gli anni già passati in carcere, la mancanza di conoscenza della lingua ungherese, la giovane famiglia. Gli scontri si verificarono il 16 settembre 2015, un giorno dopo che il governo del premier Viktor Orban chiudesse la frontiera con una barriera con filo spinato. Decine di persone tentarono di attraversare il confine, la polizia usò gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per respingerli. Almeno 15 poliziotti e 100-150 migranti rimasero feriti, tra cui vari bambini, secondo la procura. Hamed ha ammesso di aver tirato sassi contro i poliziotti, ma ha negato di essere un terrorista. I gruppi per i diritti umani, dentro e fuori l’Ungheria, hanno condannato la sentenza come l’esito di un “processo mediatico” voluto da Orban.

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