MILANO – Nelle dichiarazioni lanciate dalla comunicazione dei Cinquestelle sulla carenza di rimpatri degli irregolari, c’è chi vede l’ennesimo scontro di maggioranza e basta. E chi, invece, leggendo tra le righe, intravede il tentativo, da parte del Movimento, di riappropriarsi di due temi che spostano l’agenda politica. E determinano anche le vittorie elettorali: migranti e sicurezza. Di fatto, il tacito accordo che lasciava a Matteo Salvini i “meriti” degli eventuali successi, si è definitivamente rotto. Anche se – giurano dagli ambienti 5s – “mai e poi mai abbiamo deciso di lasciare ‘monopoli’ a nessuno. Anzi il contratto è stato sottoscritto proprio per salvaguardare la forza politica numericamente meno nutrita della nostra”. In poche parole, la Lega. Che senza il 32% dei pentastellati alle politiche di marzo 2018, che ha portato in dote una pattuglia di oltre 300 parlamentari cinquestelle, oggi non sarebbe al governo.
Questo è un punto dirimente per Luigi Di Maio e i suoi. Che ora non hanno più voglia di ‘chiudere un occhio’ davanti a quelle che ritengono le ‘mancanze’ dell’alleato. Parlando dei fatti di cronaca che si sono verificati a Torino e Roma, in particolare il caso del clochard accoltellato alla stazione Termini per un crocifisso al collo, i cinquestelle tuonano: “Il vero problema sono i quasi 600mila irregolari che abbiamo in Italia. E sui rimpatri non è stato fatto ancora nulla”. L’argomento è ‘hot’, per chi frequenta il mondo leghista. La virata della comunicazione M5S, dunque, sparge sale sulle ferite aperte: “Il problema ce lo abbiamo in casa. Non è che scrivendo una lettera o una circolare si risolvono le cose. Bisogna fare di più sui rimpatri che sono fermi al palo”. L’azionista di riferimento del governo, dunque, chiede conto al socio minoritario.
Il colpo, però, è assorbito bene dal Carroccio, che evita nuovi ‘spargimenti di sangue’. Tant’è vero che Salvini, replicando a stretto giro di posta, prova solo a ributtare la palla nel campo degli alleati: “Se gli amici dei 5Stelle hanno voglia, tempo e idee, ho convocato una riunione al Viminale su immigrazione, terrorismo, sbarchi ed espulsioni”. La mossa del ministro dell’Interno contiene una puntura di spillo per i suoi ‘soci’: “Certe riunioni in questi mesi hanno portato a decreti, proposte di legge e direttive che hanno dato i risultati positivi che tutti gli italiani hanno notato”.
L’impressione, stando alle voci di dentro dal Parlamento, è che il continuo braccio di ferro sia destinato a durare anche oltre il periodo della campagna elettorale per le prossime europee. Perché al pettine stanno venendo tutti i nodi irrisolti di un’alleanza tra forze politiche differenti, ma con un bacino di utenza potenzialmente concorrente. Era, dunque, impossibile che immigrazione e sicurezza non finissero al centro di un dibattito serratissimo e dall’esito incerto. Perché ora la domanda non è più quando finirà, ma quali danni potrà produrre e se saranno mai sanabili.
(LaPresse)