TORINO – Sessanta persone, individuate attraverso l’analisi delle immagini dei sistemi di videosorveglianza e alle identificazioni effettuate con la collaborazione del personale della Polfer di Piemonte e Valle d’Aosta, sono chiamati a rispondere dei reati di truffa aggravata in concorso ai danni della Pubblica Amministrazione, di favoreggiamento della permanenza illegale di stranieri nello Stato, di falsa attestazione o dichiarazione a Pubblico Ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri. Le pene vanno dai 3 agli 11 anni.
A partire dai primi mesi del 2019 è stata focalizzata l’attenzine sul fenomeno di minori stranieri non accompagnati (msna) di nazionalità albanese che si presentano presso luoghi istituzionali dichiarando, falsamente, il loro stato di abbandono.
I minori giungevano in Italia via nave, aereo o autobus accompagnati, generalmente, da un genitore; una volta a Torino, venivano ospitati da sodali (parenti o amici), presenti in loco e conoscitori del territorio cittadino, che li accompagnavano nei pressi di un ufficio di polizia (in pochi casi direttamente all’Ufficio Minori Stranieri del Comune di Torino).
L’accompagnatore, seguendo a distanza il minore e magari fingendo di essere impegnato in una conversazione telefonica, indicava la strada per raggiungere l’ufficio di polizia prescelto, salvo poi allontanarsi una volta che il minore fosse stato preso in carico da parte degli operatori di polizia.
Di qui il successivo inserimento nei programmi di assistenza del Comune, curati fino alla maggiore età dall’Ufficio Minori Stranieri della città di Torino e riservati ai minori in difficoltà, con l’attivazione di un’accoglienza che prevede un alloggio idoneo e sicuro, nonché servizi di supporto tesi a garantire, al meglio, l’interesse superiore del minore ed il suo benessere, a partire dall’avviamento scolastico, prosegue la nota della polizia locale, che segnala come il costo del mantenimento di ogni singolo minore sia di circa 3.000 euro mensili, esclusi i costi secondari.
Le immagini delle telecamere di sicurezza della stazione ferroviaria di Torino Porta Nuova si sono rivelate fondamentali per gli investigatori ai fini della ricostruzione del fenomeno e l’individuazione dei soggetti coinvolti, prosegue la nota. Da una parte i minori, di età generalmente compresa tra i 15 e i 17 anni (ma vi sono stati casi di infraquattordicenni), talvolta spinti dai propri genitori a raggiungere l’Italia anche contro la propria volontà; dall’altra la rete di sodali costituita principalmente da parenti o amici presenti in loco e conoscitori del territorio cittadino.
A questi soggetti di volta in volta i genitori hanno affidato i propri figli una volta entrati in Italia attraverso la frontiera marittima di Brindisi, Bari, Ancona e Venezia oppure dalla frontiera aerea di Genova e di Malpensa o, ancora, dalla frontiera terrestre di Trieste secondo un piano criminoso ben architettato, sottolinea la nota della polizia locale torinese.
Tra i ragazzi, Elin (nome di fantasia), giunto in Italia nel 2019, all’età di quindici anni, attraverso la frontiera di Trieste a bordo di un autobus in compagnia del padre. Elin si è presentato presso gli Uffici della Polizia Ferroviaria della stazione di Torino “Porta Nuova” dichiarandosi minore non accompagnato. Dalle immagini di videosorveglianza si vede che il minore viene indirizzato presso gli uffici predetti da due soggetti.
Elin, da subito, ha espresso la volontà di fare rientro in Albania quanto prima, palesando uno stato di disagio e angoscia anche presso la comunità ospitante. Successivamente è stato messo in atto il suo rimpatrio assistito, ad opera delle assistenti sociali dell’Ufficio Minori Stranieri del Comune di Torino, le quali sono riuscite a contattare i genitori in Albania ed a spiegare loro lo stato in cui versava il figlio.
Nel chiedersi per quale motivo il padre di Elin avesse scelto per il figlio la città di Torino come destinazione si è risaliti alla presenza in città di un cugino del minore, a sua volta ex minore non accompagnato, che era stato ospite di una delle comunità di Torino anni prima.
La visione delle immagini ha consentito di “smascherare” un accompagnatore che aveva dichiarato, falsamente, agli agenti di un Commissariato a cui ha affidato due minori, di averli incontrati per strada, abbandonati a sé stessi e di averli accompagnati soltanto per aderire alla loro richiesta di aiuto.
(LaPresse)