MILANO – “Milano non si ferma, nonostante le difficoltà”. Torna in voga la frase pronunciata per la prima volta dal sindaco Beppe Sala, prima che la città si fermasse davvero per il Covid. A pronunciarla, questa volta, è stato l’assessore alla Rigenerazione urbana di Palazzo Marino, Giancarlo Tancredi, presentando il progetto di riqualificazione dell’Hotel Michelangelo. Il primo Covid hotel di Milano, accanto alla Stazione Centrale, destinato a diventare una torre da 93,3 metri che ospiterà 2mila postazioni a uso ufficio, disegnata dal prestigioso studio di architettura di Park Associati e finanziato con 90 milioni di euro dalla società Finleonardo, che fa capo alla famiglia romana Fadlun.
Quello dell’hotel Michelangelo è “un progetto che dimostra il grande fermento” per una “Milano verticale” almeno in alcune aree, spiega l’assessore Tancredi. Un fermento ben evidenziato dalla terza edizione di ‘Reinventing Cities’, appena bandita, con 6 nuove aree pubbliche che verranno messe a gara per progetti di rigenerazione urbana. Nell’edizione del 2021 sono stati messi a bando spazi importanti come piazzale Loreto, l’ex Macello, Bovisa, Crescenzago. Il focus 2022 è rivolto al creare alloggi a prezzi calmierati o canoni d’affitto convenzionati per combattere il ‘caro mattone’ che rischia di mettere in difficoltà i più giovani e i meno abbienti.
“Un bilocale avrà un affitto sotto i 500 euro al mese, mentre i prezzi degli appartamenti in vendita si aggireranno intorno ai 2500 euro al metro quadro – spiega l’assessore alla Casa del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran -: il progetto prevede 1200 appartamenti, quasi come l’offerta abitativa di City Life”. Lo sguardo sia del Comune che dei privati in tema di edilizia, assicura Maran, si sta appuntando “in una direzione diversa rispetto agli ultimi 10 anni”. “Dopo l’ex Macello ci saranno anche altri interventi – garantisce l’assessore – ma è chiaro che soltanto le aree pubbliche non possono risolvere il problema degli appartamenti a prezzi accessibili per le famiglie milanesi”.
Tirano gli uffici, tira il residenziale in edilizia libera e in social housing, e tira soprattutto lo ‘student housing’. Il 25 maggio la multinazionale Hines inaugurerà con il sindaco Sala e il rettore dell’Università Bocconi, Gianmario Verona, il nuovo ‘Aparto Milan Giovenale’, una foresteria per gli studenti internazionali. Il settore delle residenze universitarie non solo non conosce crisi ma è nelle ‘grazie’ della politica locale e nazionale. Nel Pnrr il governo Draghi prevede di arrivare a quota 100mila posti letto – dai 40mila attuali – entro il 2026, da realizzare attraverso partnership pubblico-privato. Per Cassa Depositi e prestiti a Milano il gap da colmare è di 16mila posti letto. E per mettersi in pari al ministero dell’Università e della Ricerca è stato assegnato un miliardo di euro di fondi europei. Risorse che serviranno a varare una riforma volta a incentivare il coinvolgimento dei privati e che si incentra su tre punti principali: fiscalità agevolata, oneri di gestione pagati dallo Stato per i primi 3 anni, flessibilità di utilizzo delle strutture per accogliere non solo studenti ma anche professori e altri utenti.
Tutte queste novità sono i punti di luce del ‘modello Milano’, che è diventato il paradigma della riforma nazionale sul tema della rigenerazione urbana voluta dal ministro Enrico Giovannini. Ma non mancano anche ombre e incognite.
“Chi pagherà il rialzo delle materie prime, dei materiali per l’edilizia e le costruzioni?”, si chiede l’advisor immobiliare di una banca d’investimento, parlando con LaPresse. Secondo il professionista “non ci sono scappatoie: negli appalti pubblici sarà lo Stato a colmare il gap ma nell’edilizia privata o pagano le banche che finanziano le operazioni, o pagano i costruttori e le imprese oppure quei rialzi si scaricheranno sull’acquirente finale”.
C’è già chi sta prendono delle contromisure. Sul fronte politico l’eco questi timori non preoccupano. “C’è stato un effetto conflitto che ha portato a un incremento dei prezzi – ammette l’assessore Tancredi – però il governo è già intervenuto con un decreto e probabilmente varerà ulteriori misure. Valuteremo se questo possa avere un impatto negativo – ha aggiunto, con particolare riferimento ad appalti e opere in vista delle Olimpiadi 2026 -. Al momento, però, non percepiamo particolari difficoltà”.
“Questi costi che stanno emergendo – chiosa Maran – secondo noi saranno ininfluenti: a Milano il costo più rilevante è quello delle aree da edificare e non quello dei materiali. Così come non è il mercato del nuovo a far aumentare il costo delle case. In media in città ogni anno vengono registrati i 3.000-3.300 appartamenti nuovi di cui 1300 in edilizia convenzionata e circa 40.000 transazioni. Per la maggior parte quindi si tratta di appartamenti esistenti, con i prezzi che si basano sugli incrementi del rapporto tra domanda e offerta – conclude Maran- . Pensare che sia il nuovo a influenzare il mercato è fuorviante rispetto dalla realtà”.
di Benedetta Dalla Rovere e Francesco Floris