Milano, 15 mag. (LaPresse) –
Un giro d’affari da 94,2 miliardi di euro, con un saldo positivo della bilancia commerciale di circa 27 miliardi.
I numeri della moda Made in Italy fanno ricredere chi la considera solo “un fiore all’occhiello del Made in Italy, bello ma non legato all’industria”, come spiega il presidente di Confindustria Moda, Claudio Marenzi. Un settore che genera il 50% della bilancia commerciale positiva italiana “non può non avere voce in capitolo in Confindustria e sul nuovo governo”, sottolinea Marenzi, che oggi insieme al presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha inaugurato a Milano la nuova sede milanese di via Villasanta. Nell’ex casa-laboratorio dello storico produttore di cravatte Nicky Chini, Marenzi ha fatto il punto sull’andamento positivo del settore cresciuto lo scorso anno del 3,2%.
I numeri sembrano dargli ragione, visto che la moda italiana produce circa il 50% di valore aggiunto nel Belpaese. Sul territorio nazionale sono attive 66.751 aziende, anche se rispetto a un anno fa il settore ha registrato una flessione dello 0,9%. Segnali positivi vengono dall’export, che ha messo a segno una crescita del 5,2% nell’anno, portandosi a poco meno di 61,8 miliardi di euro e anche l’import è cresciuto del 3,1% a 34,04 miliardi. Tra i settori ‘best performer’, interessati ad incrementi a doppia cifra, ci sono la pelletteria e oreficeria, mentre la crescita dei comparti calzature e tessile-abbigliamento (+3,5%) e occhialeria (+2,4%) è stata meno marcata.
Il Made in Italy non può abbandonare i mercati internazionali, visto che l’84% della produzione del settore moda è destinata all’estero. Borse, vestiti e accessori italiani sono molto apprezzati in Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, ma tra i maggiori partner commerciali del Belpaese c’è anche la Svizzera, che nel solo 2017 ha aumentato del 17,2% gli scambi del settore con l’Italia. In generale la Ue copre il 47,8% dell’export a valore, mentre assicura il 44% dell’import. Negli ultimi anni, comunque, gli sbocchi commerciali si rivolgono sempre più a Est. La quota di esportazioni verso la Cina lo scorso anno è salita del 4,1% oltrepassando i 2,2 miliardi, mentre quella verso Hong Kong è cresciuta del 3,2% portandosi a quasi 3,8 miliardi e la Corea del Sud segna un balzo dell’8,5% a quota 1,4 miliardi.
Le sfide del settore guardano soprattutto all’altra sponda del Pacifico. Gli Stati Uniti “sono un’incognita”, segnala Marenzi, augurandosi che il presidente Donald Trump “tenga conto delle particolarità del nostro settore” rispetto a possibili svolte protezionistiche. Secondo Marenzi il 2018 “è un anno con molti punti interrogativi dopo un 2017 molto positivo” e sull’anno in corso “c’è molta cautela perché ci sono diversi problemi” come la questione dei dazi minacciati da Trump e i rapporti con la Russia. Gli fa eco il vicepresidente di Confindustria Moda, Cirillo Marcolin, secondo cui “le tensioni internazionali, l’incremento della valuta cinese, il calo del rublo” russo “l’incremento del prezzo del greggio” e “lo stallo della politica italiana” influenzeranno negativamente il comparto, portando ad un possibile “rallentamento” nell’anno in corso.