Mondragone, condannati i Cascarino: avevano rapinato una signora e legato alla sedia il figlio

Secondo la Procura nel 2017 portarono via 12mila euro in contanti e gioielli. Assoluzione per Mattiello e Vesella

Giuseppe Cascarino e Alfredo Cascarino
Giuseppe Cascarino e Alfredo Cascarino

MONDRAGONE – Svaligiare la casa della signora F.F. situata in via Stazione: era questo l’obiettivo dei malviventi. Un target da raggiungere in sicurezza, approfittando che nell’abitazione non ci fosse nessuno, senza dover usare violenza. Ed invece quando i ladri entrarono, trovarono il figlio della proprietaria. E così da quello che doveva essere un furto si trasformò in una rapina.
L’episodio delittuoso, diventato tema di un processo, si verificò il 10 luglio 2017 e i presunti protagonisti di quell’incursione criminale sono stati condannati in primo grado. Giuseppe Cascarino, 65enne, ha incassato 6 anni di reclusione, il figlio Giovanni Giuseppe Cascarino, 30enne, ne ha presi 3 anni e 6 mesi, e il nipote, Alfredo Cascarino, 34enne, 3 anni. Tutti di Mondragone, difesi dagli avvocati Luigi Iannettone, Mario Sciarretta, Antonio Miraglia e Rolando Iorio, erano stati trascinati a giudizio con l’accusa di aver preso parte a questo raid anche insieme a Maria Mattiello, 29enne, difesa dall’avvocato Salvatore De Blasio, ed Emanuele Vessella, 40enne, assistito dal legale Guido Filoso, ma entrambe sono state assolte per non aver commesso il fatto.


Le motivazioni della sentenza, emessa dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, saranno emesse entro i prossimi 90 giorni.
Stando a quanto sostenuto dalla Procura, Giuseppe Cascarino provò ad accertarsi che nell’abitazione non ci fosse nessuno chiamando al telefono della casa con una sua utenza. Ed invece, come detto, all’interno trovarono una persona e per procedere con la rapina la legarono alla sedia con una fune. Riuscirono a portare via, dice l’accusa, 12.500 euro in contanti e gioielli dal valore di circa 10mila euro. Quattrini e oggetti preziosi erano in una cassaforte, nascosta nella camera da pranzo, che aprirono sfruttando un palo di ferro e due cacciaviti. A Giuseppe Cascarino viene contestato anche il reato di tentata violenza privata perché minacciò di morte la titolare della casa per costringerla a non denunciare l’accaduto.
Gli imputati sono da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile. Contro il verdetto di primo grado, i loro avvocati presenteranno ricorso in Appello.

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