Monza, scoperta una tangentopoli in miniatura: 21 arresti

Ventuno arresti della Finanza in diverse province, tra cui quella di Monza e Brianza, per tangenti, riciclaggio e corruzione. L' Operazione Domus Aurea è partita da un esposto a Correzzana di una lista d’opposizione che aveva denunciato presunte irregolarità nell’esecuzione di lavori pubblici

Operazione della Guardia di Finanza

MONZA (Domenico Cicalese) Il tessuto imprenditoriale brianzolo trema. Parola d’ordine: tangenti. All’alba 21 persone sono state arrestate dalla Guardia di Finanza di Monza in esecuzione di un’ordinanza del gip per associazione a delinquere finalizzata a reati tributari e fallimentari, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e corruzione. Ma l’operazione non ha toccato soltanto il territorio della Brianza. Il raggio dell’operazione è ampio: gli arresti in provincia di Milano, Monza e Brianza, Lecco, Bologna, Asti e Reggio Calabria.

L’operazione che ha scoperchiato il vaso d tangenti

L’inchiesta nasce da un esposto di una lista civica di Correzzana contro il sindaco Mario Corbetta, indagato di corruzione (reato prescritto), che aveva denunciato presunte irregolarità nell’esecuzione di lavori pubblici. In cambio pubblici ufficiali avrebbero preso tangenti. Tra i sequestri effettuati c’è anche un maneggio. Mentre tra gli arrestati ci sono diversi professionisti: anche un ex magistrato e due avvocati.

Il nome più noto è quello di Giuseppe Malaspina, a capo di un impero immobiliare che comprende i lussuosi Hotel Ca’ Sagredo di Venezia e Gritti di Milano, sequestrati nell’ambito dell’inchiesta. Malaspina nel 1976 fu condannato a 14 anni per l’omicidio di Giuseppe Zampaglione, ucciso a colpi di pistola a Muggiò il 21 maggio 1972. Recentemente è stato parte offesa nel processo che ha visto la condanna, per tentato sequestro di persona ed estorsione, dei fratelli Vincenzo e Giovanni Miriadi. Si tratta dei figli di Natale Assunto Miriadi, ucciso a colpi di kalashnikov a Vimercate nel 1990.

Cimici e intercettazioni telefoniche: la chiave di volta dell’inchiesta

La cupola imprenditoriale finita nel mirino degli investigatori è stata ‘spiata’ con l’utilizzo di cimici e spie telefoniche. Dalle intercettazioni è emerso che il gruppo dell’imprenditore Giuseppe Malaspina avrebbe fatto sistematico ricorso all’emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti da parte delle società. Il tutto per un ammontare di circa 95 milioni di euro e di distrazioni patrimoniali per un valore pari a circa 234 milioni di euro.

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