MELITO – Dall’inchiesta che ha portato all’arresto del sindaco di Melito Luciano Mottola e di altre 17 persone, accusate a vario titolo di scambio elettorale politico mafioso, corruzione, attentati ai diritti politici del cittadino, associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa e tentata estorsione, è emerso che a muovere i fili non fosse la fascia tricolore, eletta nel 2021. Sono proprio le Amministrative di un anno e mezzo fa a finire al centro del lavoro degli investigatori. A dire la verità era stato anche lo stesso Mottola a dare materiale alle forze dell’ordine. Infatti nell’estate del 2021 si recò varie volte dai carabinieri per denunciare pressioni della malavita organizzata sui candidati al consiglio comunale di Melito iscritti nelle liste che intendeva presentare alla corsa al Municipio. Le visite di Mottola dai carabinieri risalivano alla fase in cui gli esponenti degli Amato-Pagano erano scesi in campo per sostenere la candidatura di un altro aspirante sindaco, Nunzio Marrone. Tuttavia, nelle pagine dell’ordinanza che ha accompagnato gli arresti effettuati ieri dagli uomini della Dia, viene descritto come la volontà di Mottola non fosse quella di collaborare con la giustizia, ma solo di avere un tornaconto personale per vincere le elezioni. A svolgere gran parte del lavoro, in tal senso, sarebbe stato Emilio Rostan. Mottola è finito in carcere perché, secondo le accuse, avrebbe accettato che venisse seguita la strategia di accordarsi con gli esponenti della malavita organizzata, che dopo essere intervenuti invano per sostenere la candidatura di Marrone, eliminato la primo turno, erano pronti a cedere le loro preferenze alla coalizione di Mottola per favorirla nel ballottaggio con Dominique Pellecchia, candidata del centrosinistra. In alcune circostante l’attuale sindaco di Melito avrebbe anche partecipato a incontri. Nella maggior parte dei casi, però, Mottola sarebbe arrivato dopo che i summit erano già stati portati a buon fine da Rostan. Alla fine, come è raccontato nell’ordinanza, a far pendere l’ago della bilancia in favore di Mottola sarebbero stati i voti degli elettori del rione 219, dove risiede la principale piazza di spaccio del clan.
L’inchiesta prese il decollo dopo le denunce di Amente
Le indagini sull’incidenza della camorra sulla vita dell’amministrazione comunale di Melito, prendono avvio dalla informativa della dei carabinieri di Marano in relazione alla denuncia presentata nel 2021 da Antonio Amente (nella foto), ex sindaco di Melito. Nell’amministrazione della fascia tricolore deceduta per Covid faceva parte anche Luciano Mottola con il ruolo di vice. Dopo la scomparsa di Amente per qualche mese Mottola divenne anche sindaco facente funzioni sino allo scioglimento del consiglio comunale avvenuto dopo le dimissioni presentate dagli esponenti del civico consesso. Qualche settimana dopo la caduta dell’amministrazione Amente-Mottola l’annuncio del 39enne di voler concorrere per la carica di sindaco alle amministrative che si sarebbero tenute nella parte finale del 2021. Per inciso, in diverse occasioni Mottola ha puntato il dito contro l’amministrazione precedente, nonostante ne avesse fatto parte. Tornando ad Amente e al fatto che la macchina della giustizia è partita su sollecitazione dell’ex sindaco, pare che la vecchia fascia tricolore fosse solita andare dai carabinieri per denunciare possibili infiltrazioni camorristiche per agitare le acque ed evitare di essere sfiduciato. Una pratica che è stata descritta anche nelle pagine dell’ordinanza che hanno accompagnato gli arresti di ieri. Sembrerebbe che Amente si fosse recato dai militari dell’Arma anche qualche settimana prima che contraesse il virus nei primi mesi della pandemia di Covid-19. Da allora sono trascorsi circa 3 anni durante i quali il suo figlioccio politico, Luciano Mottola, ha preso il suo posto in Municipio per portare avanti un progetto fondato sulla legalità. Ma secondo le accuse mosse dalla Procura, pare che a non rispettarla per primo sia stato proprio l’attuale sindaco di Melito, Comune che rischia di essere sciolto di nuovo per infiltrazione camorristica.
Giovane ma con vasta esperienza in politica: esponente di centrodestra
La politica è sempre stata la più grande passione di Luciano Mottola, il sindaco di Melito arrestato insieme ad altre 17 persone dopo l’inchiesta che ha fatto luce su presunte infiltrazioni camorristiche nelle elezioni amministrative del 2021, quelle vinte proprio da Mottola. Trentanovenne, eletto nel 2021 con la coalizione di centro-destra, Luciano è sempre stato un fedelissimo di di Antonio Amente, ex primo cittadino, morto per il Covid l’anno scorso. E’ allora che Mottola da vicesindaco diventa sindaco facente funzioni e poi candidato del centrodestra. Vincendo al ballottaggio con il 51 per cento delle preferenze contro Dominique Pellecchia, sostenuta da Pd e 5Stelle. Nell’agosto del 2022 Mottola denunciò di essere stato minacciato. “Un uomo, immortalato dalle videocamere di sorveglianza poste sotto la mia abitazione, ha schiantato bottiglie di vetro e sversato rifiuti sotto il portone di casa. Urlando e farfugliando minacce contro me ed intimidendo i miei familiari, che per il trambusto si erano affacciati al balcone, di rientrare immediatamente dentro”, raccontò su Facebook. Se non un paladino della legalità, Mottola si è sempre speso molto contro le mafie, almeno a parole. Un bene confiscato alla criminalità diventato una casa per disabili, le lezioni nelle scuole con i carabinieri, gli abusivi denunciati, le marce con gli studenti in ricordo delle vittime innocenti di mafia e gli abbattimenti degli immobili appartenenti alla criminalità organizzata. Ieri la notizia che la malavita era intervenuta per favorire la sua vittoria al ballottaggio delle amministrative del 2021. Una notizia che a Melito è stata accolta con scoramento e da qualche sorriso beffardo di chi nei mesi aveva fatto intendere che qualcosa covasse sotto la cenere. Ora sarà la magistratura a chiarire se le accuse mosse nei confronti di Mottola corrispondano alla realtà.
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