Munizioni Nato nei bunker di Zagaria. Trovate insieme alla mitragliatrice a Casapesenna

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Ernesto Adriano Falanga e Michele Zagaria

CASAPESENNA – In corrette condizioni di funzionamento: così i periti hanno descritto la pistola mitragliatrice marca Sites, rinvenuta in uno dei bunker della casa di via Einaudi, appartenuta al boss Michele Zagaria e ai suoi fratelli (immobile ereditato da una zia), dove oggi vive Ernesto Adriano Falanga con la propria famiglia. L’arma, prodotta oltre 25 anni fa, era destinata all’esporta- zione negli Stati Uniti: la Sites (Società italiana tecnologie speciali di Torino) iniziò a realizzarla a partire dal 1984 e cessò la produzione nel 2001. Per quale ragione Ernesto Adriano Falanga la custodiva? Una risposta l’ha fornita, ma non ha convinto il giudice Mariangela Guida, del Tribunale di Napoli Nord, che lo ha condannato in primo grado a 3 anni e 20 giorni di reclusione. Il padre di Falanga venne assassinato agli inizi degli anni
Novanta, nella zona di Lago Patria, mentre si trovava nel suo ufficio. Secondo l’imputato, quell’arma avrebbe rappresentato la propria reazione alla perdita del genitore.

Ha riferito di aver scelto di procurarsela per difendersi da eventuali altri attacchi. Ma perché una pistola mitragliatrice e non una semplice
e più funzionale semiautomatica? Questo interrogativo, rimasto irrisolto, ha spinto il Tribunale, al momento del verdetto di colpevolezza per
ricettazione e detenzione dell’arma, a non riconoscere all’imputato le attenuanti generiche. La pistola mitragliatrice è stata rinvenuta lo scorso febbraio durante un blitz dei carabinieri di Caserta, ma, stando al racconto di Falanga, sarebbe stata acquistata da lui nel lontano 1995. Sono passati trent’anni e l’arma da guerra, come confermato dal consulente, risulta oggi perfettamente funzionante. Una circostanza che apre a un’ipotesi investigativa su cui verosimilmente stanno lavorando i militari: se era mantenuta in funzione, è perché doveva servire a qualcuno? E, essendo stata trovata in una proprietà riconducibile a Michele Zagaria, va collocata nella tensione interna al clan dei Casalesi registrata negli ultimi anni, alimentata dalle scarcerazioni di alcuni pezzi da novanta dell’organizzazione?

Altro fronte da approfondire è quello della provenienza. L’arma, prodotta in Italia e destinata al mercato statunitense, era accompagnata da 149 munizioni, alcune delle quali re- cavano il simbolo della Nato. Si tratta, come chiarito dal perito, di forniture esclusive ai corpi armati dello Stato e non cedibili ai privati. Quale canale ha consentito dunque a Falanga di entrarne in possesso? Durante l’udienza del processo (rito abbreviato), l’imputato non si è sottoposto a interrogatorio, limitandosi a rendere dichiarazioni spontanee. Tra i temi non affrontati, uno resta centrale: come mai lui e la sua famiglia sono residenti in un’abitazione di proprietà del boss di Casapesenna. Insomma, se il capitolo giudiziario sul possesso della pistola mitragliatrice appare chiuso (almeno il primo grado), le motivazioni della sua presenza nei bunker di via
Einaudi restano tutte da chiarire. Falanga, naturalmente, potrà presentare appello ed è da considerarsi innocente fino a un’eventuale condanna definitiva. Al momento, per quanto ci risulta, non gli vengono contestati reati connessi alla mafia.

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