NAPOLI – Si spara ancora a Napoli, un ritornello di piombo che stavolta è risuonato a Miano, periferia nord, zona ad alta densità malavitosa.
A finire nella spirale della violenza, ieri pomeriggio, è stato quello che gli investigatori definiscono “un pezzo da novanta” della criminalità organizzata. Pochi minuti prima delle 18 la polizia di Stato ha raccolto le numerose richieste d’intervento che riferivano della presenza di un’auto con all’interno un uomo senza vita.
Arrivati sul posto, in via della Liguria, i poliziotti hanno trovato Pasquale Angellotti, 54 anni compiuti lo scorso gennaio, constatando che non si trattava di una morte naturale, bensì di un omicidio. Di un’esecuzione. Angellotti è stato crivellato di colpi mentre era alla guida della sua auto, una Fiat 500 L nera, in via della Liguria, nella parte bassa del quartiere. Ad agire, probabilmente, due killer in sella a una motocicletta che lo hanno seguito e affiancato. Poi gli spari, esplosi da distanza ravvicinata, che non gli hanno lasciato scampo. Gli agenti dell’Upg e della Squadra Mobile hanno interdetto il traffico nella zona. Intanto, in via della Liguria si radunavano le persone del quartiere, tutte sotto choc, tutte in silenzio, incredule, affrante, assuefatte al male. Una manciata di minuti dopo le 18, sul posto sono arrivati anche i familiari della vittima, convocati per il riconoscimento del cadavere. Il silenzio del rione è stato interrotto dalle urla e dai pianti dei parenti: “Ci hanno fatto un’altra cattiveria, ora devo sparare a tutta Miano e voglio andare in galera”, le parole – assolutamente da condannare – pronunciate da un suo parente. Scene e suoni che a Miano conoscono bene e che negli ultimi due anni hanno accompagnato, in tutta la loro ferocia, le giornate di piombo e sangue.
Il quartiere assiste a un ricambio generazionale di camorra. Lo stesso Angellotti rappresenterebbe il legame tra il ‘vecchio’ e il ‘nuovo’. Un legame che, è evidente, qualcuno stia tentando di spezzare. Scarcerato nel 2018, con due ergastoli evitati per omicidio, catturato nel settembre 2011 dopo 24 mesi di latitanza, per anni il 54ennne ammazzato ieri pomeriggio è stato un killer di punta del clan Lo Russo. Uno che quando c’era da ammazzare, su ordine dei vertici dei Capitoni (soprannome della cosca), non si tirava mai indietro. Uno che incarnava gli stessi vertici della cosca. Erano i tempi del dominio assoluto dei Lo Russo. Un cognome che, nella storie malavitose di Miano, c’entra sempre nonostante nel tempo i Capitoni abbiano affrontato blitz, condanne e pentimenti eccellenti, uno sgarro che gli ambienti criminali del posto non hanno mai perdonato ai vecchi padrini del quartiere, oggi tappezzato di scritte ingiuriose nei confronti di chi ha deciso di passare a collaborare con la giustizia. Di fare il salto. Una scelta che ad alcuni Lo Russo è costata anche l’esilio fuori regione. Ma se è vero che lungo le mura di via Janfolla ci si imbatte in messaggi e offese pesanti (“Ztl Lo Russo”, “infami e cornuti a vita”) è anche vero che, quando a Miano si tratta di camorra, di spari, di agguati, di estorsioni, di bombe e stese, di vicende di piombo e sangue, non si può non far riferimento ai Lo Russo, l’origine di ogni vicenda criminale che abbia come sfondo il quartiere del santo Gaetano Errico.
E già perché oggi alla guida degli affari illeciti del quartiere, stando a quando captano i sensori della Dda, ci sarebbe la terza generazione dei Capitoni, un gruppo di giovanissimi spietati e pronti a tutto pur di arrivare a prendere lo scettro. E non è un caso se negli ultimi anni a cadere sotto il peso del piombo siano stati esponenti di spicco della camorra come Salvatore Milano, ammazzato nell’aprile dell’anno scorso all’esterno del bar Rosetta in via Vittorio Veneto, Giuseppe Tipaldi, alias Peppe ’a recchia, freddato a novembre 2021, nel cuore della notte, mentre raggiungeva il circoletto di famiglia in via Janfolla; e poi ancora il 31 gennaio 2022 Pasquale Torre e Giuseppe Di Napoli, uccisi nel rione Don Guanella, anche loro personaggi di spicco della mala dell’area nord. Andando indietro nel tempo, ma facendo un passo indietro nelle gerarchie criminali, nell’autunno del 2020, le regole spietate della camorra si erano abbattute su Alessandro Riso, centrato dai proiettili durante una ‘stesa’ contro il gruppo Cifrone, e nel giugno 2021 su Antonio Avolio, ammazzato di mattina, alle 11, in via Teano. L’omicidio del boss Pasquale Angellotti rappresenta forse il punto di non ritorno di una nuova stagione criminale che segna l’insediamento ufficiale dei nuovi boss di Miano.