Napoli. Amato jr confessa l’omicidio Moliterno

Notificato in carcere l’arresto al nipote del boss. Per la Dda fu epurazione interna

NAPOLI (Tommaso Angrisani)– Epurazione interna agli Amato-Pagano, arrestato il nipote del boss. E’ quanto ha stabilito il gip del tribunale dei minori Paola Brunese nei confronti di Raffaele Amato jr, che oggi ha 32 anni ma appena 17enne all’epoca dei fatti contestati. L’uomo è il nipote di Lello Amato, il capo degli scissionisti di Scampia, il clan Amato-Pagano ed è detenuto dal 2009: oggi si trova al carcere duro – il 41 bis – nell’istituto penitenziario di Spoleto. Ieri mattina è stato anche sottoposto all’interrogatorio di garanzia: assistito dall’avvocato Luigi Senese, ha confessato ammettendo gli addebiti. Secondo la Dda Lello ‘o piccerill (oppure Lello ‘o capajanc) sarebbe l’esecutore materiale dell’omicidio di Giuseppe Moliterno, un ragazzo ucciso a 23 anni la sera del 19 dicembre del 2007 nel Rione Monterosa a Secondigliano. Per lo stesso delitto lo scorso primo luglio due boss, Carmine Pagano, uno dei vertici degli Amato-Pagano ed Enzo Notturno, capo dell’omonimo gruppo attivo a Secondigliano, erano stati colpiti da un analogo provvedimento. Entrambi pure erano già detenuti in regime di carcere duro. Carmine Pagano aveva già confessato il delitto in un interrogatorio datato settembre 2019 sottolineando di aver attirato in trappola Moliterno, che in quel periodo gli faceva da guardaspalle, ma senza mai fare i nomi dei complici. II 23enne venne freddato in via Cupa Cardone con sei colpi di arma da fuoco esplosi da una 357 magnum. In quella circostanza risultò difficile la sua identificazione poiché non aveva documenti di identità.

La vittima fu trucidata mentre era in sella al motorino – un Sh bordeaux – e venne rinvenuta con il capo chino. Gli agenti della Polizia Scientifica riuscirono a risalire alla sua identità grazie alle impronte.

Un agguato che secondo la Dda rientrerebbe in una punizione all’interno degli stessi ‘scissionisti’ in quanto la vittima avrebbe violato una regola di camorra, cioè non intrattenere relazioni con le donne degli affiliati. E invece lui avrebbe frequentato la fidanzata di un altro sodale.
Fondamentali per le indagini si sono rivelate le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia quali Antonio Accurso, Antonio Caiazza, Paolo Caiazza, Carmine Cerrato (classe 1976), Carmine Esposito e Giovanni Illiano.

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