NAPOLI – Risolto un cold case dopo 21 anni. Tre persone in manette per l’omicidio di Salvatore Lausi. La vittima era ritenuta responsabile di un buco di 100 milioni di lire dalla cassa del clan. Ieri mattina, presso l’istituto penitenziario di Secondigliano e le carceri di Parma e Siracusa, il nucleo investigativo dei carabinieri di Napoli ha dato esecuzione ad una misura cautelare personale, emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli su richiesta della Dda, nei confronti di tre indagati: Vincenzo Mazzarella, classe ‘49, detto ’o vichingo, Michele Mazzarella e Salvatore Barile. Sono ritenuti gravemente indiziati dell’omicidio – aggravato dalle finalità mafiose – di Salvatore Lausi, anch’egli affiliato al clan, avvenuto nel rione Sanità il 6 ottobre 2002.
Le indagini, condotte attraverso attività di intercettazione e riscontri a dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno consentito di accertare che l’omicidio costituì un’epurazione interna alla cosca, originata dal fatto che la vittima, incaricata della riscossione delle estorsioni a Forcella, nella Maddalena e nel rione Sanità, era ritenuta responsabile dell’ammanco di 100 milioni di lire dalla cassa dell’associazione.
Non solo: secondo i vertici della cosca, Lausi aveva stretto rapporti sinergici con Giuseppe Misso (all’epoca capo e fondatore dell’omonimo clan operante nel quartiere Sanità, poi divenuto collaboratore di giustizia), cosa che venne interpretata come volontà di affiliarsi a quest’ultimo, dissociandosi dai Mazzarella, dei quali avrebbe potuto rivelare informazioni riservate. Lausi fu anche incolpato di aver rubato un Rolex a un altro affiliato. Un furto alla persona sbagliata, un’onta da lavare col sangue.
Il provvedimento eseguito ieri è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i tre destinatari sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva. Michele Mazzarella, all’epoca 24enne, è ritenuto mandante del delitto, così come Vincenzo Mazzarella ’o vichingo, che avrebbe anche organizzato l’agguato; mentre Salvatore Barile (alias Totoriello o codino) avrebbe preso parte alla spedizione di morte insieme a Ciro Giovanni Spirito e Vincenzo De Bernardo, entrambi deceduti.
Quando Lausi fu ammazzato, la sorella si rivolse a una cartomante. Era il 17 ottobre, undici giorni dopo il delitto: “Sono spariti dei soldi, è sparita una cassetta sana, 100 milioni”, disse al telefono alla maga. Da quella conversazione (intercettata dagli investigatori dell’Arma) emerse dunque l’ombra di un cassiere infedele. La cartomante, appresa l’entità della cifra, rimase attonita: “Cento milioni? Tua mamma nientemeno tiene 100 milioni in casa?”. La sorella di Lausi cercò di spiegarsi, ma senza fare riferimenti precisi, e la cartomante, che le rivolse domande a raffica alla fine le rivelò: “Tesoro, io qua vedo la mano di un uomo però e una grande falsità”. La sorella della vittima, incuriosita da questo particolare, cercò di apprendere altri indizi: “Più o meno, non si vede che lavoro fa, perché l’altra ragazza mi disse che indossava una divisa”. La cartomante, a un certo punto, la ammonì dicendole che tutti quei soldi in casa non si tengono e che se erano nascosti bene solo una persona di casa avrebbe potuto trovarli. La conversazione si interruppe con una frase lapidaria della cartomante: “Comunque, senti, che ti posso dire. Che è stato un uomo però c’è stata pure la mano di un’altra donna vicino hai capito?”. L’ordinanza che ieri mattina ha colpito Vincenzo e Michele Mazzarella e Salvatore Barile ricorda molto da vicino la sceneggiatura di un film incentrato sulla malavita. Ciro Giovanni Spirito, morto suicida in carcere dopo aver scelto di collaborare con la giustizia, riferì di aver accettato l’incarico in cambio di soldi che ha poi usato per acquistare una Honda Transalp. Ai magistrati della Dda rivelò inoltre ideatori dell’omicidio e killer: “Gennaro Mazzarella, fratello di Vincenzo, e Michele Mazzarella, figlio di Vincenzo”. Uccidere Lausi avrebbe significato perderli per sempre, quei 100 milioni di euro. Ma il clan non si perse d’animo: “Pensammo comunque che in qualche modo avremmo potuto recuperare la somma di denaro”.
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